Adempimenti

Lotta al caporalato, indagini su misura

di Luigi Caiazza

L'articolo 603-bis del Codice penale, che punisce l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, individua due distinte figure di incriminazione che secondo l'articolazione che ne dà la circolare 5 del 28 febbraio dell'Inl, meritano attenzione anche in merito all'attività investigativa (si veda il Quotidiano del lavoro del 4 marzo) .

Le indagini finalizzate a ricostruire l'intera filiera dal “caporale” all'utilizzatore, secondo le indicazioni della circolare in esame, va pianificata con la Procura della Repubblica e i Carabinieri del Comando della tutela del lavoro, atteso che per accertare l'esistenza degli elementi che integrano il reato in questione può essere necessario il ricorso alle intercettazioni, alla confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato, alla confisca allargata “per sproporzione” di danaro di cui non ne sia stata dimostrata la legittima provenienza.

La circolare ritiene che sull'intermediario sia essenziale l'accertamento relativo all'eventuale operatività sotto una ragione sociale, individuandone in tal caso l'oggetto, se vi sia autorizzazione alla somministrazione o intermediazione di lavoro, se vi sono ufficiali rapporti economici con imprenditori operanti nel settore interessato allo sfruttamento, con particolare interesse nel settore dell'agricoltura.

Nel caso risultino indizi sulla sussistenza di un'attività di intermediazione illecita, appare utile individuare gli utilizzatori presso cui il personale è inviato e le relative modalità di impiego. L'accertamento, in tal caso, si indirizzerà sull'individuazione del collegamento tra intermediario e utilizzatore, le reali condizioni di lavoro e le condizioni di impiego degli stessi lavoratori.

L'evoluzione del fenomeno in esame spesso si caratterizza per un'apparente legalità. Si può verificare, infatti, il caso di datori di lavoro che abbiano predisposto la documentazione amministrativa e contabile tale da fornire una falsa rappresentazione del rapporto di lavoro. In tale ipotesi, lo sfruttamento può attuarsi mediante la registrazione di ore o giornate lavorate e relative retribuzioni inferiori a quelle effettivamente svolte, ovvero, in particolare per i beneficiari di sgravi contributivi, il pagamento di una retribuzione effettiva notevolmente inferiore a quella risultante dalle registrazioni obbligatorie, facendo figurare, per esempio, acconti mai corrisposti, con possibilità di configurare, se c'è la minaccia di qualsiasi ritorsione, il reato di estorsione ex articolo 629 del Codice penale.

Non è da escludere che lo sfruttamento del lavoro possa realizzarsi anche in una prestazione di servizi oggetto di contratto di appalto. In tal caso l'impresa appaltatrice, nel garantire forti risparmi al committente, sfrutta lo stato di bisogno dei lavoratori, abbattendo il costo del lavoro attraverso la corresponsione di retribuzioni chiaramente difformi dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative o, comunque, inferiori alla quantità e qualità del lavoro prestato.

Poiché le condotte di cui all'articolo 603-bis sono valutate anche ai fini della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al Dlgs 231/2001, l'indagine andrà estesa anche alle imprese, utilizzate come mezzo per la consumazione del reato in questione.

La circolare dell'Inl n. 5/19

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