Adempimenti

Sanzioni anche per chi vìola le istruzioni dettate dagli Ordini

di Valerio Vallefuoco

L’intervento in chiave regolamentare degli Ordini professionali in materia di antiriclaggio è espressamente previsto dal Dlgs 231/2007 che all’articolo 11 demanda proprio agli Ordini, meglio individuati dal testo di legge come organismi di autoregolamentazione, alle loro articolazioni territoriali e ai Consigli di disciplina, il compito di promuovere e controllare l’osservanza degli obblighi antiriciclaggio da parte dei propri iscritti.

Le regole tecniche

La stessa norma indica gli organismi di autoregolamentazione come responsabili dell’elaborazione e aggiornamento di regole tecniche, in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui i professionisti sono esposti nell’esercizio della propria attività, di controlli interni, di adeguata verifica, anche semplificata della clientela e di conservazione, da adottare previo parere del Comitato di sicurezza finanziaria. Alle regole tecniche in genere gli Ordini fanno seguire ulteriori istruzioni contenute in linee guida, come quelle appena adottate dal Consiglio dei commercialisti.

Dunque, è lo stesso legislatore a delegare agli Ordini professionali il compito di integrare la norma primaria, specificandola sotto il profilo tecnico. Tanto basta a far acquisire alle regole tecniche e alle linee guida una valenza obbligatoria capace di vincolare i gli iscritti, al pari della norma di legge.

Il valore precettivo dei provvedimenti degli organismi di autoregolamentazione è stato ben chiarito dal Consiglio nazionale del Notariato, che espressamente ha collocato le regole tecniche tra le fonti che costituiscono la normativa di riferimento in materia di obblighi antiriciclaggio, secondo il seguente ordine: Direttiva Ue, relativi Considerando e principi generali( di immediata portata precettiva); legge delega e decreto delegato; circolari ministeriali; regole tecniche ed indicazioni vincolanti del Cnn; studi del Cnn; linee guida e direttive interne adottate da ciascun professionista. Peraltro, la vincolatività della normativa secondaria emerge con chiarezza dall’articolo 11, comma 3, del Dlgs 231/2007, che demanda agli organis€mi di autoregolamentazione l’applicazione nei confronti degli iscritti di sanzioni disciplinari a fronte di violazioni connotate da particolare gravità degli obblighi antiriciclaggio «e delle relative disposizioni tecniche di attuazione».

Il peso delle sanzioni

Queste violazioni costituiscono, infatti, presupposto per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai sensi dei rispettivi ordinamenti di settore (articolo 66 Dlgs 231) . Gli organi deputati a irrogare la sanzione sono i Consigli di disciplina, la cui discrezionalità nell’applicazione della sanzione incontra il limite di legge, secondo cui nei casi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime delle disposizioni dettate dalla legge antiriciclaggio, l’interdizione dallo svolgimento della funzione, dell’attività o dell’incarico non può essere inferiore a due mesi e superiore a cinque anni.

In tal senso, l’apparato sanzionatorio antiriciclaggio si compone oltre che di sanzioni amministrative pecuniarie anche di sanzioni disciplinari. Sempre sul piano sanzionatorio, la legge antiriciclaggio ( articolo 67 comma 1) comprende tra i criteri rilevanti per l’applicazione delle sanzioni la mancata adozione di adeguate procedure di valutazione e mitigazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, commisurate alla natura dell’attività svolta e alle dimensioni dei soggetti obbligati.

Infine anche la circolare del Mef del 6 luglio 2017, sull’applicazione del regime sanzionatorio attribuisce rilevanza alle ipotesi in cui l’intensità e il grado dell’elemento soggettivo siano riconducibili anche a cause organizzative derivanti dalla mancata adozione di prassi, procedure standardizzate o criteri operativi, da ritenersi nella disponibilità del soggetto obbligato.

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