Adempimenti

Dubbio di costituzionalità per il salario minimo

di Luigi Caiazza

Il salario minimo, seppure riproposto con forza come parte del programma del nuovo Governo, è probabile che possa cadere sotto la scure del Corte costituzionale. Esiste, infatti, un precedente che ha fatto scuola nella storia del diritto del lavoro e, in particolare, del diritto sindacale. Si tratta della sentenza della Corte costituzionale 106/1962 - epoca interessata dall'emanazione dei primi contratti collettivi nazionali di lavoro di diritto privato – riguardante la legge 741/1959 che aveva recepito “erga omnes” i contratti stipulati entro il 3 ottobre 1959, e della legge 1027/1962.

La Corte è stata investita della questione di legittimità delle due leggi, tenendo conto che l'articolo 39 della Costituzione, riconosce ai «sindacati registrati di stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce».

La Consulta ha dichiarato la legittimità della prima legge in quanto il suo carattere transitorio, provvisorio ed eccezionale non la poneva in contrasto con l'articolo 39; non altrettanto ha riconosciuto la seconda legge nella parte intesa a prorogare semplicemente la delega, in quanto veniva meno ai caratteri di transitorietà ed eccezionalità. Questi sono i soli motivi che potevano consentire di riconoscere la legittimità costituzionale in fatto di attribuzione di efficacia obbligatoria ai contratti collettivi di lavoro che l'articolo 39 della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva delle associazioni sindacali registrate.

Da ciò consegue che, attualmente, i Ccnl vigenti sono di “diritto privato”, non sono, cioè, di natura obbligatoria, non hanno forza di legge, se non in sede civile, tra quelli stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi in campo nazionale, come individuati da una apposita commissione.

Se, dunque, secondo l'articolo 39 della Costituzione e l'interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale, il potere contrattuale che abbia efficacia obbligatoria spetta esclusivamente ai sindacati, appare evidente che una legge che tratti un rapporto di lavoro, seppure dal punto di vista economico, mediante l'istituzione di un salario minimo, potrebbe incorrere, per i motivi espressi con la sentenza del 1962 alla censura da parte della Consulta.

Infatti, il testo di legge, fissato il salario minimo, non potrà non disciplinare o richiamare i riflessi che tale trattamento potrà avere, o non avere, con il cosiddetto salario differito riguardante, ad esempio, il Tfr, le festività, le ferie, la tredicesima mensilità, la maternità, l'infortunio, la malattia, durata della prestazione, tutti previsti e regolamentati da leggi speciali. Ciò appare ineludibile atteso che la norma, per non creare conflitti, è probabile che trovi applicazione nei confronti di rapporti rientranti in attività non disciplinate già dai contratti collettivi.

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