Adempimenti

Maggiorazione 0,50% se l’attività stagionale è individuata dal Ccnl

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

L’elenco delle attività lavorative a carattere stagionale è stato individuato dal Dpr 1525/1963 tuttora in vigore. Però l’articolo 21, comma 2, del Dlgs 81/2015 offre ai Ccnl la possibilità di indicare ulteriori ipotesi che rivestono il carattere della stagionalità. Negli anni, vista l’evoluzione intervenuta nel mercato del lavoro, ritenendo (giustamente) che le particolari esigenze di operatività di ogni settore non potessero essere più soddisfatte dal mero elenco allegato al Dpr degli anni ’60, la contrattazione è più volte intervenuta, enucleando nuove casistiche.

Oggi per i Ctd stagionali stipulati per effetto delle disposizioni contrattuali, le aziende versano all’Inps sia il contributo aggiuntivo dell’1,40% previsto dalla legge 92/2012 che - a partire dal 14 luglio 2018 - l’incremento dello 0,50% per ciascun rinnovo (introdotto dal Dl 87/2018, decreto dignità). Quest’ultimo raddoppia a ogni rinnovo del contratto, quindi diventa dell’1, dell’1,5% e così via. Le maggiorazioni hanno lo scopo di disincentivare il ricorso ai contratti a termine e finanziare la Naspi.

Dubbi circa la congruità della contribuzione aggiuntiva riferita agli stagionali emersero già ai tempi del varo della riforma Fornero (legge 92/2012). La questione venne transitoriamente risolta concedendo alle aziende un’esenzione triennale dal versamento del contributo dell’1,40 per cento.

Dal 1° gennaio 2016, però, l’obbligo del versamento del contributo ha interessato tutte le tipologie di contratti non a tempo indeterminato, tranne quelle esentate (articolo 2, comma 29, della legge 92/2012). Tra queste figurano anche le attività stagionali, ma solamente quelle individuate dal Dpr 1525/1963.

Oggi, considerando la pesante incidenza dello 0,50%, si avverte la necessità di tornare sull’argomento e di prevedere una via di fuga per quelle aziende che rinnovano sistematicamente i Ctd per via della loro peculiare attività e per questo, anche considerando la ratio della norma, non dovrebbero essere penalizzate.

Con una nota inviata al ministro del Lavoro, la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, ha chiesto la modifica dell’articolo 2, comma 29, lettera b) della legge 92/2012 e l’integrazione della nozione di stagionalità con quella contemplata dalla contrattazione collettiva. Se si agisse su tale disposizione normativa si risolverebbe il problema alla radice, in quanto venendo meno l’imposizione dell’1,40%, automaticamente si eviterebbe anche lo 0,50 per cento.

Non si può, tuttavia, sottacere il costo dell’operazione. Qualora la stima dovesse rivelarsi elevata (nel 2012 il solo 1,4% fu stimato in 21 milioni di euro per il triennio 2013-2015), si potrebbe prendere in considerazione l’eventualità di modificare l’articolo 3 del Dl 87/2018, che riguarda solo lo 0,50%, aggiungendo all’attuale esenzione prevista per il lavoro domestico, anche l’esclusione delle attività stagionali comunque individuate (sia dal Dpr 1525/1963 che dai Ccnl) e – perché no - anche dei rinnovi eseguiti dalle imprese di somministrazione per Ctd riferiti ai lavoratori collocati presso utilizzatori differenti (si veda Il Sole 24 ore dell’8 ottobre).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©