Adempimenti

Pir e fondo di garanzia avvicinano imprese e investimenti previdenziali

di Matteo Prioschi

L’ultima versione emendata del decreto legge fiscale si arricchisce di uno strumento per favorire l’incontro tra investimenti previdenziali e mondo produttivo. Accanto alla riscrittura delle regole sui Pir, contenuta in un emendamento approvato il 25 novembre, è stata aggiunta una garanzia a beneficio degli investimenti effettuati dai fondi pensione.

La novità è contenuta in quello che dovrebbe diventare l’articolo 58 bis del decreto legge 124/2019, ma il meccanismo appare piuttosto complesso e a rischio di non immediata attuazione. I fondi pensione (non meglio identificati a livello normativo) che dall’anno prossimo faranno investimenti per capitalizzare o ripatrimonializzare micro, piccole e medie imprese potranno beneficiare della garanzia prevista dall’articolo 2, comma 100, lettera a della legge 662/1996 (Fondo di garanzia per assicurare i crediti in favore delle Pmi), a fronte del pagamento di una commissione.

L’investimento può avvenire «nell’ambito di apposite iniziative avviate dalle amministrazioni» dello Stato, iniziative che dovranno essere individuate con un Dpcm concertato con i ministeri del Lavoro, dell’Economia, dello Sviluppo economico, sentita la Covip, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Entro ulteriori trenta giorni, con un decreto Economia-Sviluppo economico, dovranno essere definite le condizioni di accesso al fondo di garanzia.

In quello previsto dalla legge 662/1996, infatti, dovrà essere creata una sezione ad hoc per questo scopo, con una dotazione di 12 milioni di euro all’anno dal 2020 al 2034.

«La norma è complessa – commenta a caldo Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza – ma c’è il tentativo di favorire l’incontro tra la domanda di capitali delle Pmi e la potenziale disponibilità a offrire soldi da parte dei fondi previdenziali, che però devono essere tutelati. La logica di queste misure (considerando anche l’intervento sui Pir) è apprezzabile, ma spero durino nel tempo perché la volatilità delle norme è un disincentivo. Queste regole possono indurre un meccanismo virtuoso che spinga molte aziende a dotarsi di requisiti di trasparenza e governance per essere eligibili da parte degli investitori, anche se all’inizio non credo si potranno generare grossi volumi di investimenti».

Le modifiche sul fronte dei Pir, oltre a riguardare le tipologie di investimento che questi strumenti devono effettuare, prevedono che le Casse di previdenza dei professionisti e i fondi pensione complementare individuati dal Dlgs 252/2005 possano investire in più di un piano, a differenza di quanto consentito oggi.

«La vedo come un’ulteriore opportunità, meglio declinata rispetto al passato, per la diversificazione degli investimenti per le Casse – afferma Alberto Oliveti presidente Enpam (ente di previdenza medici e odontoiatri) e Adepp (associazione delle Casse di previdenza) –. In epoca di ricerca di redditività non speculativa, attendiamo però un occhio di riguardo per le commissioni praticate».

Secondo Walter Anedda, presidente della Cassa nazionale dei dottori commercialisti, «è logica la decisione di dare la possibilità di investire in più Pir, che per alcuni enti possono essere un’ulteriore opzione di scelta». Uno strumento che comunque la Cnpadc non utilizza poiché in grado di investire direttamente su fondi alternativi.

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