Adempimenti

Fiammata della Cig straordinaria: +58% Giù i contratti stabili

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Si è impennata la richiesta di cassa integrazione a gennaio, soprattutto quella straordinaria che caratterizza le crisi strutturali dell’impresa e rappresenta spesso l’anticamera dei licenziamenti. Le domande di disoccupazione nell’intero 2019 hanno superato quota 2 milioni (il valore più elevato degli ultimi quattro anni), mentre la variazione netta dei contratti a tempo indeterminato ha segnato, a dicembre, il primo vero calo da diversi mesi: -75.024 rapporti stabili, come saldo tra nuove attivazioni, trasformazioni e cessazioni (sull’anno, i contratti fissi in più sono rimasti in terreno positivo: +365.216, un valore doppio rispetto al 2018).

A gennaio il numero di ore di Cigs autorizzate è stato pari a 11,9 milioni, di cui 2,6 milioni per solidarietà, con un aumento del 52,6% rispetto allo stesso mese del 2019 (+57,6% rispetto al mese precedente). L’osservatorio dell’Inps evidenzia che a salire sono anche le ore di cassa integrazione ordinaria (Cigo) che a gennaio sono state 9,4 milioni, con un incremento del 31,4% su gennaio 2019, in particolare a causa dell’esplosione nel settore edilizia (+40,2%) e in quello industriale (+28,3%).

Il dato è in peggioramento anche rispetto a dicembre, con un incremento del ricorso alla Cigo del 7,7 per cento. Spinto dall’incremento di Cigs e Cigo complessivamente il numero di ore di cassa integrazione richieste dalle imprese a gennaio ha toccato i 21,3 milioni, in aumento del 40,6% su base tendenziale (al Sud+90,74%). Mentre è proseguita la frenata degli interventi in deroga: a gennaio sono state autorizzate circa mille ore di Cigd, in calo sull’anno del 99,5%, ed una riduzione congiunturale rispetto al mese precedente del 83,6%.

A preoccupare sono anche le domande di disoccupazione arrivate all’Inps: nell’intero 2019 sono 2.067.538 tra Naspi, ASpi, Mobilità e Discoll, il dato più alto dell’ultimo quadriennio (da quando è disponibile la serie storica), in aumento dell’1,6% sull’intero 2018. A dicembre le richieste di sussidio di disoccupazione arrivate all’Istituto sono state 130.904 con un aumento del 3,7% su dicembre 2018.

Da notare che l’Inps ha pubblicato, sempre ieri, anche i dati dell’osservatorio sul precariato: per l’intero 2019 la variazione netta, ovvero il saldo tra attivazioni-trasformazioni e cessazioni resta positivo per 161.078 rapporti di lavoro in essere, ma è meno della metà di quanto totalizzato nell’intero 2018 (+374.564). Ciò è accaduto perché il miglioramento del saldo relativo ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato e alle stabilizzazioni è stato accompagnato dal crollo dei rapporti di lavoro a termine e in somministrazione - complice il decreto dignità e la congiuntura economica caratterizzata da incertezze - che ha provocato un peggioramento rispetto al saldo del 2018.

A soffrire è essenzialmente l’industria (+62,47% di ore richieste di Cigs), ma da segnalare come, a gennaio, è entrato in difficoltà anche il commercio (+65,98%). L’inizio d’anno, insomma, ha confermato in pieno il trend in atto da mesi: il 2019, infatti, è stato il primo anno, dal 2012, che ha visto riacuirsi il fronte ammortizzatori sociali. A spiegare l’incremento delle ore richieste dalle aziende di Cigo e Cigs ci sono le crisi industriali in aumento. Le ore di Cigs, a gennaio, sono schizzate su in Toscana, Liguria, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia. Nel Nord Ovest la Cigs è salita del 19,58%; nel Centro del 40%, addirittura, del 133,31% nel Mezzogiorno.

Il tema è estremamente delicato, anche per via delle nuove, e più restrittive, regole introdotte dalla riforma del 2015 (durata massima del sussidio 24 mesi nel quinquennio mobile, elevabili in determinati casi a 36 mesi) e del mancato decollo delle politiche attive. Al momento il tiraggio, vale a dire l’utilizzo effettivo, delle ore autorizzate di Cig e Cigs si attesta al 36 per cento.

Al solo Mise, ad esempio, ci sono 160 tavoli di crisi aperti (e nessuno si è chiuso ultimamente), che interessano oltre 200mila lavoratori, 60mila dei quali a rischio concreto di perdita del posto di lavoro. Le grandi crisi industriali, attualmente, interessano veri e propri settori: l’automotive, la siderurgia, gli elettrodomestici, il commercio, e in particolare la grande distribuzione, la chimica.

Il governo vede il bicchiere mezzo pieno: per Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ed ex ministro del Lavoro, i 365.216 contratti stabili in più «sono incoraggianti».

Di tutt’altro avviso i sindacati, che, in coro, hanno parlato di segnali «preoccupanti», specie per l’impennata della Cigs. «I dati Inps non offrono davvero motivi per essere ottimisti - ha replicato Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl -. Aumentano le crisi strutturali, e il trend occupazionale è in decelerazione. Si tratta di dati allarmanti, che rispecchiano il calo della produzione industriale. Il Governo deve uscire dall’immobilismo su questi temi ed aprire la annunciata fase due con misure per la crescita, altrimenti il rischio di una nuova recessione è dietro l’angolo».

Sulla stessa lunghezza d’onda la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese: «Devono, ora, partire velocemente gli investimenti, a cominciare dal Sud che soffre in maniera maggiore. Allo stesso tempo bisogna creare le condizioni per un più efficace ed efficiente sistema di incontro domanda-offerta di lavoro che dia speranze occupazionali a chi è in cerca di un impiego».

La corsa della Cigs al Centro-Sud

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