Adempimenti

Nove settimane di Cassa per lavoratore

di Enzo De Fusco e Riccardo Fuso

In questa fase si pone la questione se considerare il limite di nove settimane di cassa integrazione con causale Covi-19 riferito al singolo lavoratore o all’unità produttiva. L’intera riforma attuata con il Dlgs 148/2015 si basa su una tutela per singola unità produttiva. L’articolo 4 stabilisce che «per ciascuna unità produttiva» il trattamento di Cigo e Cigs non può superare la durata massima complessiva di 24 mesi. Questo vuol dire che se l’azienda attiva l’ammortizzatore anche solo per una piccola parte dei dipendenti, si consumano in ogni caso parte dei 24 mesi complessivi previsti dalla norma.

L’articolo 22 del decreto legge 18/2020 ha contenuto diametralmente opposto. Infatti «Regioni e Province autonome possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane». La norma fa espresso riferimento alla sospensione del singolo rapporto di lavoro per una durata non superiore a nove settimane senza far alcun riferimento né al decreto 148/2015, né al concetto di unità produttiva.

L’articolo 19 del decreto 18/2020 stabilisce che «i datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa» possono presentare domanda di concessione del trattamento Cigo e assegno ordinario. Quindi da una parte il legislatore fa riferimento alla sospensione del singolo rapporto di lavoro; dall’altra, introduce il concetto di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, anche qui senza fare riferimento al concetto di unità produttiva.

D’altronde che la tutela debba riguardare il singolo lavoratore è nella stessa ratio della disposizione che, a differenza di motivi di crisi economica o di riorganizzazione derivante da fattori produttivi o finanziari dell’impresa (Dlgs 148/2015), introduce uno strumento di sostegno al reddito dei lavoratori per i quali si prospetterebbe l’azzeramento della retribuzione per effetto delle chiusure delle attività disposte con Dpcm.

Un ulteriore argomento che porta a considerare la tutela centrata sul singolo lavoratore è di ordine sistematico, in quanto i diversi Dpcm hanno invitato le aziende a favorire l’utilizzo di istituti contrattuali individuali come le ferie o i permessi prima di utilizzare la cassa integrazione. Pertanto, è inevitabile che a seguito di questa indicazione l’utilizzo della cassa sia avvenuto in modo non uniforme sulla platea dei lavoratori.

Ciò significa che qualora prevalesse una tesi diversa, ricondotta al concetto di unità produttiva, l’utilizzo iniziale della cassa integrazione per pochi lavoratori (ossia quelli che non avevano sufficienti ferie o permessi) priverebbe di diverse settimane di tutela quei lavoratori che per senso di responsabilità o accordo sindacale hanno seguito le indicazioni del Dpcm. Peggio ancora la disparità si creerebbe con quei lavoratori appartenenti a reparti che per dinamiche aziendali hanno continuato ancora per qualche settimana a svolgere l'attività lavorativa favorendo la progressiva chiusura dell’azienda.

Altro aspetto è come provvedere al controllo del contatore individuale sia in termini di limite quantitativo che temporale. Con riferimento al primo, il controllo potrebbe risultare agevole attraverso la denuncia effettuata con i flussi uniemens. Con riferimento al secondo, è sufficiente che Inps inserisca nell’ambito della fase emergenziale un riferimento temporale ristretto di operatività della causale Covid-19 consentendone l’espansione di volta in volta qualora in questo periodo non fosse stato raggiunto il limite quantitativo.

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