Adempimenti

Professioni escluse dal bando Italia Sicura

di Federica Micardi

Forti proteste dalle professioni per il bando Impresa Sicura di Invitalia. L’aver previsto tra i requisiti l’iscrizione alla Camera di commercio infatti esclude i professionisti. Tra i primi a prendere carta e penna e a scrivere - il 1° maggio - all’agenzia nazionale per lo sviluppo delle imprese è stata l’Adc, Associazione dottori commercialisti, guidata da Maria Pia Nucera.

Nella lettera, che chiede una revisione del banco, si ricorda che due milioni di professionisti italiani producono il 13,5% del Pil, e occupano stabilmente numerosi lavoratori, senza tener conto il loro indotto. «Ritenerli meritevoli delle medesime misure destinate alle imprese - scrive Adc - dovrebbe essere automatico e non rappresentare un’eccezione, come invece accade troppo spesso». Un’analoga richiesta - racconta Nucera - è stata fatta di recente alla Regione Lazio per un bando sullo smart-working, richiesta che è stata immediatamente accolta».

Adc chiede ad Invitalia di non fare un’eccezione in questo caso, ma di considerare a regime i liberi professionisti tra i fruitori a pieno diritto dei futuri bandi strutturali, destinati a coprire le spese e i costi generati dall’emergenza contingente.

Proteste contro il bando Impresa Sicura anche dal presidente dell’Ungdcec Matteo De Lise che lo definisce gravemente discriminatorio nei confronti delle categorie professionali. De Lise ricorda che l’apertura dei fondi europei ai liberi professionisti è stata introdotta esplicitamente nel nostro ordinamento dalla legge di Stabilità 2016 che equipara i professionisti alle piccole e medie imprese in quanto esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita. Una legge che troppo spesso viene dimenticata. L’Unione nazionale giovani dottori commercialisti esperti contabili, sototlinea inoltre che il bando di Invitalia contrasta con il bonus Sanificazione che invece è destinato a esercenti attività d’impresa, arte o professione, e prevede un credito d’imposta al 50% per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro ma anche per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) necessari a fronteggiare la Fase 2.

Il bando “incriminato”, forte di uno stanziamento di 50 milioni di euro, riconosce un rimborso fino al 100% per le spese per mascherine, sanificazione e Dpi, con una spesa massima di 500 euro per addetto e di 150mila euro per azienda; il rimborso minimo previsto è di 500 euro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©