Adempimenti

Tempi maturi per un lavoro davvero smart

di Nino Lo Bianco

In poche settimane, con l’imposizione del lockdown, circa 8 milioni di dipendenti nel nostro Paese hanno sperimentato obbligatoriamente il lavoro da remoto. In uno scenario assai diverso ma non così lontano, quello pre-Covid, gli autorizzati parziali al lavoro da casa erano meno di 600mila. Il sopraggiungere dell’emergenza, tuttavia, ha reso gli uffici luoghi proibiti e milioni di italiani hanno trovato riparo dai colpi della pandemia sotto il baluardo dello smart working. L’espressione, peraltro, troppo spesso ha avuto un utilizzo mistificatorio, e se le aziende hanno potuto godere di una produttività relativamente adeguata grazie agli sforzi dei propri collaboratori, lo stesso non può dirsi della Pubblica amministrazione che ha invece registrato pesanti deficit.

Oggi il 98% degli intervistati europei vorrebbe continuare a lavorare con le modalità praticate in questi mesi (Buffer State of Remote Work Report). A fronte di un’esperienza di massa di tale portata, è chiaro che il desiderio plebiscitario dovrà essere assecondato, in modo parziale o totale. Sono tanti i benefici del nuovo paradigma vita/lavoro, ma restano ancora problemi aperti e difficoltà da superare. Il lockdown, infatti, ha colto tutti impreparati: la maggioranza delle aziende non era pronta alla delocalizzazione di massa, così come la maggior parte delle famiglie non era attrezzata a ospitare stabilmente in casa tutti i suoi componenti con le loro esigenze lavorative.

Se il lavoro a casa o da altre sedi può certamente esser definito “da remoto”, è vero anche che da sola tale condizione non è sufficiente per cogliere appieno i vantaggi reali dello smart working, quantomeno se il contenuto rimane sostanzialmente identico alle modalità pre-Covid. Per renderlo smart è necessario creare, a beneficio dei lavoratori, una condizione lavorativa che ne permetta l’efficienza anche in assenza di una postazione d’ufficio stabile, ma soprattutto lo sviluppo contestuale di modalità collaborative che, oltre a soddisfare chi lavora, accrescano il valore per le aziende, cosa che oggi, con le attuali modalità di lavoro, non si è verificata.

Il primo aspetto richiede la creazione di condizioni infrastrutturali adeguate che consentano a dipendenti e collaboratori di lavorare senza impedimenti tecnici che limitino la qualità delle attività svolte. I prerequisiti da soddisfare includono l’esistenza di una buona connettività, l’adeguatezza dei sistemi It delle aziende per sostenere i nuovi assetti lavorativi diffusi, la revisione delle funzionalità del posto di lavoro (che oggi è casalingo) e delle sue attrezzature, nonché la previsione di condizioni ambientali che consentano la possibilità di isolamento fisico e acustico.

Il secondo aspetto richiede che le aziende lavorino sulla trasformazione organizzativa per definire un piano strategico delle modalità di lavoro decentrato e riprogettino gli spazi aziendali che oggi vedono più incontri, meeting e presentazioni e una necessità contenuta di posti fissi. Sarà altresì necessario garantire adeguati standard di sicurezza e distanziamento negli uffici, stanziare investimenti per la distribuzione di attrezzature da ufficio ai dipendenti, ma soprattutto diffondere una nuova cultura del lavoro. Solo a questo punto avremo creato le condizioni per progettare il lavoro digitale smart del futuro e attirare i talenti della nuova generazione lavorativa che non solo è preparata, ma decisamente desiderosa di lavorare per realtà che prevedano condizioni di lavoro agile.

Mentre gli Stati Uniti e i Paesi nordici dell’Europa continentale hanno sperimentato da tempo la pratica del lavoro da casa, i Paesi latini si sono trovati molto impreparati. L’Italia è stata protagonista di uno scatto brutale che ha visto milioni di operatori convertirsi al lavoro remoto in sole due settimane con un certo grado di improvvisazione e con le condizioni e modalità operative dell’urgenza.

Questa esperienza, che peraltro ha contribuito in modo sostanziale al mantenimento in vita del sistema economico nazionale, ha evidenziato comunque vantaggi tali da non far prevedere il ritorno, tout court, alla precedente situazione: la popolazione lavorativa ha gustato i vantaggi del lavoro da remoto e le aziende hanno allentato la loro rigidità culturale rispetto al presenzialismo e al controllo dei dipendenti in generale, avendo constatato che, globalmente, efficienza e produttività sono risultate accettabili, talvolta aumentate. Senza contare la possibilità che eventi nefasti di tale portata possano ripresentarsi anche in futuro. Dunque, non solo aziende illuminate e lavoratori interessati. I tempi sono maturi e rivendicano il cambiamento necessario a cogliere appieno i frutti che promette la rivoluzione del lavoro, purché programmato secondo il criterio agile così diverso dal tradizionale che ha contraddistinto il lavoro a casa di questa fase.

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