Adempimenti

Smart working, più spazio alla contrattazione

di Giorgio Pogliotti

Superata l’emergenza Covid, le parti sociali in un accordo quadro potranno stabilire una serie di principi comuni e regole di base, lasciando alla contrattazione collettiva la gestione del lavoro agile. È lo schema emerso ieri nei due incontri in videoconferenza organizzati dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, la mattina con i sindacati e il pomeriggio con una parte delle associazioni datoriali (le altre saranno ricevute oggi), alla ricerca di una soluzione condivisa nella prospettiva di un restyling della disciplina del lavoro agile a regime.

Nei due incontri che hanno avuto un carattere interlocutorio, Catalfo non ha, tuttavia, escluso che possa esservi un intervento normativo di modifica della legge 81 del 2017. Si guarda con una certa dose di preoccupazione al dopo 15 ottobre quando - salvo nuove proroghe dello stato d’emergenza - terminerà la procedura semplificata che dall’inizio di marzo consente al datore di lavoro di ricorrere allo smart working su decisione unilaterale. Dal 16 ottobre si torna agli accordi individuali. Come evidenziato sempre ieri dall’indagine di Aidp (direttori del personale), per il 58% delle aziende lo smart working proseguirà anche nel 2021, mentre per il 26% finirà tra novembre e dicembre 2020.

Le imprese ieri hanno sottolineato che il lavoro agile rappresenta anche uno strumento di prevenzione da possibili contagi nei luoghi di lavoro, rischio che grava sul datore di lavoro chiamato a risponderne anche penalmente, e che la procedura semplificata consentendo il rapido e ampio utilizzo dello smart working ha contribuito ad evitare il diffondersi dell’epidemia come invece è accaduto in altri Paesi. Di qui la richiesta delle imprese, perché anche dopo il 15 ottobre, in presenza di un rischio di contagio ancora elevato, venga mantenuta l’attuale procedura. Il ministro Catalfo ha spiegato che l’incontro non era finalizzato ad una modifica immediata della disciplina, e che se non sarà prorogato lo stato d’emergenza, sarà necessario un intervento normativo per prorogare la procedura semplificata.

«In questa fase bisogna stare attenti a metter mano alla legge 81 – spiega Tania Scacchetti (Cgil) –. In prospettiva è importante che vengano ripristinate le norme sul lavoro agile saltate con i provvedimenti emergenziali, a partire dal diritto all’accordo individuale o alla dotazione strumentale a carico delle aziende. La contrattazione collettiva dovrebbe essere fonte primaria per la definizione del diritto alla disconnessione, alla salute e sicurezza, alla gestione dei tempi di lavoro». Positivo il giudizio di Luigi Sbarra (Cisl): «La ministra Catalfo ha aperto ad un’impostazione che valorizza il ruolo delle relazioni industriali– sostiene – , un passo positivo a cui auspichiamo corrispondano subito atti concreti. Nel privato come nel pubblico, siamo contrari a introdurre limiti o percentuali di utilizzo imposte dalla legge. La contrattazione è lo strumento per disciplinare temi come la difesa del salario, o i limiti sull’orario massimo di lavoro».

Sulla stessa lunghezza d’onda Tiziana Bocchi (Uil): «Non va toccata in questa fase la legge 81, una disciplina a maglie larghe che si è rivelata utile per prevenire i contagi. In prospettiva siamo favorevoli ad un accordo quadro per dare indirizzi comuni alla contrattazione collettiva, nazionale e soprattutto aziendale. Vanno regolati temi come la flessibilità oraria ben definita in cui si inseriscono fasce di reperibilità precise, al di fuori delle quali il lavoratore possa dichiararsi non disponibile senza incorrere in sanzioni disciplinari, il diritto alla disconnessione che non deve rimanere sulla carta». Il ministro Catalfo riconvocherà le parti sociali prima del 15 ottobre.

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