Adempimenti

Sos professionisti, non bastano più le misure spot

di Maria Carla De Cesari e Andrea Dili

La richiesta dell'indennità di mille euro per affrontare l'emergenza Covid-19 rappresenta lo spartiacque nel racconto dell’universo professionale. Da maggio a fine luglio alle Casse di previdenza private sono arrivate circa 500mila domande: quasi la metà dei professionisti iscritti agli enti privati si è trovata nelle condizioni economiche (entro 50mila euro di reddito) e di difficoltà (calo del reddito) per fruire dell’aiuto pubblico.

Il racconto, che prende le mosse dalla condizione degli iscritti agli Ordini, deve però coinvolgere anche i lavoratori autonomi della Gestione separata Inps, parimenti colpiti dalle difficoltà e dal disagio amplificati dal Covid-19.

Per gli iscritti in Albi e per i non iscritti, che hanno voci molto più frammentate, il denominatore comune sembra essere l’invisibilità rispetto ai decisori della politica: pochi gli aiuti e del tutto assente il lavoro di riflessione sul mondo che sviluppa soprattutto servizi alle imprese e che potrebbe essere cruciale per accrescerne la competitività.

Certo, di fronte alle proteste le dichiarazioni di ravvedimento o di solidarietà non si fanno attendere dai politici che rincorrono l’istante del consenso. Eppure non può essere casuale che nessuna delle richieste avanzate dalle rappresentanze dei professionisti negli ultimi anni sia presente, in perfetta continuità con il passato, nell’agenda del Governo: né le aggregazioni, che anzi continuano a essere disincentivate dal regime fiscale; né il welfare, nonostante anche il Cnel, di recente, abbia avanzato alcune proposte in tal senso; né una riforma dell’Irpef che guardi alle partite Iva.

Tutto ciò diviene ancora più preoccupante considerando che nemmeno la drammatica esperienza del Covid-19 ha indotto un cambio di paradigma nell’approccio al settore professionale: a ben vedere, infatti, non soltanto le misure straordinarie di sostegno varate dal Governo si sono ridotte all’erogazione di una indennità, ma le stesse critiche mosse da gran parte del mondo professionale si sono limitate al mancato riconoscimento di un ulteriore e più congruo contributo.

Ovviamente non si vuole negare l’importanza di un ristoro rispetto alle perdite da Covid-19. Tuttavia, con l’arrivo delle risorse del Recovery Fund, sarebbe necessario mettere in campo strumenti di sistema per innovare il mercato dei servizi professionali per quanto riguarda i modelli organizzativi e le attività a maggior valore aggiunto, e approntare efficaci misure di welfare per accompagnare il passaggio. Invece, si preferisce continuare a proporre soluzioni figlie della matrice culturale che per anni, per esempio, ha impedito ai professionisti l’accesso ai fondi europei.

Il percorso, però, è ormai ineludibile: nonostante si continui ad esaltare il valore dello studio e delle competenze, la metà dei professionisti italiani ha redditi inferiori a 20mila euro e i giovani sono spesso imprigionati in una condizione di precarietà economica. È urgente un cambio di passo, a partire dal disegno di legge di bilancio, altrimenti si condanna un settore, al di là delle eccezioni, a marginalità.

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