Adempimenti

Concordati omologati anche senza l’ok del Fisco e degli enti previdenziali

di Niccolò Abriani

Recependo l’auspicio di un’anticipazione selettiva di alcune delle disposizioni del Codice della crisi, ribadita in occasione della presentazione del decreto correttivo, il Decreto legge 125/2020 ha introdotto il meccanismo della «adesione d’ufficio» da parte dell’erario e degli enti previdenziali a concordati preventivi e accordi di ristrutturazione di cui sia appurata la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria. Si tratta di una “versione 4.0” della attuale transazione fiscale destinata a dare una spinta significativa alle ristrutturazioni aziendali.

Il meccanismo era stato previsto dal Codice della crisi per la transazione fiscale dei soli accordi di ristrutturazione, alla quale l’agenzia delle Entrate viene considerata aderente, con raggiungimento della percentuale minima di adesione e conseguente omologazione, tutte le volte che la prospettiva di soddisfacimento risulti per l’erario conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione. Tale previsione è stata poi estesa dal decreto correttivo, da un lato, al concordato preventivo e, dall’altro, agli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.

Con la legge di conversione del Dl 125/2020, la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è imminente, questa “doppia coppia” di transazione fiscale e contributiva viene ora anticipata, di quasi dieci mesi rispetto alle altre norme del Codice della crisi, «in considerazione della situazione di crisi economica per le imprese determinata dall’emergenza epidemiologica da Covid-19».

Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 3 del decreto introduce un periodo finale nel quarto comma dell’articolo 180 della legge fallimentare, permettendo l’omologazione del concordato preventivo «anche in mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria». Analoga disposizione viene inserita nel quarto comma dell’articolo 182-bis della legge fallimentare per gli accordi di ristrutturazione.

Particolarmente importante, sul piano operativo, è l’estensione del principio della «adesione d’ufficio» alla cosiddetta transazione contributiva: si superano in tal modo gli ostacoli burocratici sino ad oggi posti dagli enti previdenziali sulla base di una interpretazione ultrattiva del decreto interministeriale del 4 agosto del 2009, nonostante la sua implicita abrogazione a opera della legge 233/2016. L’importanza della nuova norma si apprezza anche in considerazione della tempistica con la quale sino ad oggi gli enti in questione si pronunciavano sulle proposte di transazione contributiva, ancora più dilatata rispetto alla stessa agenzia delle Entrate e chiaramente incompatibile con i tempi imposti dalla ristrutturazione. Le nuove disposizioni permetteranno di condurre in porto un maggior numero accordi di ristrutturazione e concordati, riponendo finalmente nell’arrière boutique del diritto fallimentare la camicia di Nesso di ostruzionismi e ritardi delle amministrazioni pubbliche sovente fatali ai processi di risanamento aziendale. Al contempo permetteranno di limitare i danni derivanti in capo ai contribuenti da derive liquidatorie più costose per l’erario e gli enti previdenziali rispetto a ristrutturazioni alle quali saranno considerate ex lege aderenti, superando lo spettro di responsabilità erariali cui erano riconducibili gli ostacoli posti all’adesione da parte dei responsabili di tali enti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©