Adempimenti

La stretta sulle auto aziendali contrappone datore e dipendente

di Maurizio Caprino e Luca De Stefani

L’inasprimento della stretta sul fringe benefit per alcune auto aziendali, scattato il 1° gennaio, ha creato interessi contrapposti fra lavoratore e datore. Ora, vista dall’azienda, la concessione del benefit conviene se l’auto non è molto costosa, mentre al crescere del prezzo diventa vantaggioso erogare al dipendente un rimborso chilometrico per le trasferte di lavoro con la sua vettura personale. Il lavoratore ha invece convenienza a ricevere in benefit un’auto solo se costosa. Fino al 2013, l’auto aziendale era vantaggiosa per entrambi.

Ma queste conclusioni sono così nettw solo per modelli colpiti dalla stretta (emissioni di CO2 oltre i 160 g/km) nel caso in cui i viaggi di lavoro comportino percorrenze di 40.000 chilometri annui. Molto, per chi l’auto aziendale la usa poco in ambito lavorativo e la sfrutta più come benefit per il tempo libero. Inoltre, dal lato del datore, va considerato che i costi dell’auto aziendale sono stati calcolati su dati medi ufficiali nell’ipotesi di acquisto con gestione diretta della flotta, mentre formule diffuse come leasing e noleggio possono far risparmiare.

Per il dipendente la convenienza dell’auto aziendale scende se vede i contributi Inps come costo e non come incremento della futura posizione pensionistica; dando più peso a quest’ultima, diventa vantaggioso avere la vettura dell’azienda anche se è meno costosa, nonostante la tassazione Irpef e Inps sul compenso in natura.

Questo carico è aumentato con la legge di Bilancio 2020: per autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo (persone e cose), autocaravan, motocicli e ciclomotori, tutti di «nuova immatricolazione» dal 1° luglio 2020, concessi a dipendenti o amministratori di società, con contratti stipulati dal 1° luglio 2020 (inteso come data dell’atto di assegnazione del benefit e non quella dell’ordine di acquisto o noleggio, risoluzione 14 agosto 2020, 46/E), l’importo del fringe benefit da tassare per l’uso privato è diverso d al precedente 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato annualmente dall’Aci.

Il 30% continua a valere solo per la fascia 61-160 g/km. Nei pochi casi di emissioni inferiori si scende al 25%, mentre oltre i 160 si sale:
O al 50% (era il 40% per il secondo semestre 2020) se si resta nel limite dei 190 g/Km;
O al 60% (50% per il secondo semestre 2020), oltre i 190 g/Km.

Il 1° gennaio, all’inasprimento della stretta sulle percentuali di percorrenza tassabili, si è aggiunto l’effetto delle nuove regole tecniche di omologazione delle vetture: i dati di consumo ed emissioni di CO2 rilevanti sono quelli misurati nel ciclo Wltp, che prevede velocità e accelerazioni meno irrealistiche rispetto al precedente Nedc. Così le emissioni sono salite, passando a volte in una fascia più tassata.

È il caso dell’esempio nella tabella a destra, relativo all’Alfa Romeo Giulietta 1.4 a benzina (versione diventata interessante per le flotte aziendali a causa dei divieti ai diesel al Nord), che era stata riomologata proprio per rientrare sotto i 160 g/km, ma col Wltp torna sopra la soglia. Comunque il modello è fuori produzione dal 31 dicembre e disponibile solo in stock.

Il passaggio al Wltp incide anche perché ora ogni singolo allestimento di un modello ha un valore di CO2. Quindi, a parità di motore, può bastare la scelta di una versione più accessoriata per ritrovarsi in una fascia di tassazione più alta: emette più CO2 perché gli accessori fanno aumentare il peso, che influisce su consumi ed emissioni.

Un caso significativo è quello della Bmw X5 XDrive 25d, auto di lusso ma con la sua clientela tra i manager, tanto più in questa versione con motore “piccolo”. Le sue emissioni variano da 185 a 208, quindi alcuni allestimenti sono tassati al 50% e altri al 60%. Un raddoppio rispetto al 30 giugno 2020.

Gli esempi

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