Adempimenti

Società sportive: inapplicabili le sanzioni per omesse ritenute

di Antonio Longo

Il dibattito sorto a seguito della circolare 33/2020 dell’agenzia delle Entrate sulla asserita inapplicabilità del regime speciale per gli sportivi professionisti «impatriati» va riportato sul piano della corretta applicazione dei principi che governano il nostro ordinamento, da cui non possono derivare risvolti sanzionatori per coloro i quali hanno fatto affidamento sull’applicazione di misure in vigore.

La questione, già affrontata su queste colonne, ruota attorno al regime previsto dall’articolo 16, commi 5-quater e 5-quinquies del Dlgs 147/2015, introdotti in sede di conversione del Dl 34/2019. Si tratta del regime speciale applicabile ad atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici che operano nelle discipline professionistiche riconosciute dal Coni (calcio, basket, ciclismo, golf) e che, residenti per almeno due anni all’estero, decidono di spostare la residenza nel nostro Paese.

Queste disposizioni, a partire dalla loro entrata in vigore (30 giugno 2019), hanno consentito a molte società sportive di programmare, e poi attuare, l’acquisto di campioni dello sport grazie alla riduzione del carico fiscale legato al loro ingaggio. Per gli sportivi impatriati, infatti, i redditi derivanti dall’attività lavorativa svolta in Italia (gli stipendi corrisposti dal club, ma si pensi anche ai diritti di immagine) non concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento. L’adesione al regime comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile.

Con Dpcm sarebbero dovute essere definite le modalità per il versamento del contributo. Tuttavia, il decreto a oggi non è stato emanato, ragion per cui l’agenzia delle Entrate ha assunto la posizione secondo cui gli incentivi non sarebbero applicabili.

I principali motivi per cui questa interpretazione desta più di qualche perplessità possono essere così sintetizzati: il versamento del “contributo” è la conseguenza dell’opzione per il regime di favore, non un suo presupposto (è chiaro il tenore letterale). Le società sportive possono aver accantonato le somme in attesa di versarle secondo i termini e le modalità che verranno stabilite proprio dal Dpcm, anche se tecnicamente non è escluso che chiamati a versare il contributo siano direttamente gli sportivi. Inoltre, il principio di gerarchia delle fonti impedisce che la disciplina prevista da una fonte superiore (decreto legge) possa ritersi «inutiliter data» perché “viziata” dall’assenza di una fonte secondaria (Dpcm).

A ciò va aggiunto che le circolari amministrative sono atti interni della pubblica amministrazione che non vincolano né il giudice, né il contribuente, in quanto privi di valore normativo (Cassazione 6185/2017).

Se poi i chiarimenti forniti nell’ambito di una circolare sono in contraddizione con le istruzioni alla dichiarazione dei redditi in precedenza approvate dalla stessa agenzia delle Entrate (in cui è chiaramente prevista l’indicazione circa la spettanza delle agevolazioni da parte degli sportivi) è evidente che c’è un problema di tutela dell’affidamento dei contribuenti.

Certo è che l’emanazione del Dpcm, le cui tempistiche rischiano di allungarsi complici le attuali fibrillazioni governative, è in ogni caso quantomai opportuna. Ma sino ad allora non pare ragionevole ritenere che dai comportamenti pregressi possano scaturire effetti sanzionatori per la mancata effettuazione delle ritenute su una parte dei compensi corrisposti dalle società agli sportivi.

Per le ragioni sopra esposte, e a fronte dell’articolo 6 del Dlgs 472/1997 e dello Statuto dei contribuenti, non sembra infatti applicabile la sanzione tributaria per l’omessa effettuazione delle ritenute, generalmente punita nella misura del 20% della somma non trattenuta.

Possono ritenersi scongiurati anche i profili penali con riferimento al reato di omesso versamento delle ritenute (articolo 10-bis del Dlgs 74/2000).

La norma si applica nel caso in cui non vengano versate ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, ma non laddove non siano versate ritenute non effettuate peraltro in ragione di una norma valida ed efficace (Cassazione 1443/2013 e 22061/2019).

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