Adempimenti

Copertura Inail estesa anche a chi non si vaccina

di Mauro Pizzin

«Il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della liberta di scelta del singolo individuo rispetto a un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato».

Con questo chiarimento, contenuto in una nota inviata ieri alla direzione regionale della Liguria l’Inail ha messo la parola fine alla questione sollevata di recente dal Policnico San Martino di Genova, la cui direzione aveva chiesto chiarimenti sui provvedimenti da adottare riguardo al personale infermieristico che non aveva aderito al piano vaccinale anti Covid-19 nell’ipotesi in cui avesse contratto in seguito l’infezione (si veda «Il Sole 24 Ore» del 23 febbraio). Il dubbio era se l’evento contagio in questi casi andasse considerato infortunio sul lavoro, secondo la prassi consolidata in caso di eventi epidemici, oppure semplice malattia con tutela Inps.

Ebbene, i sanitari “no vax” contagiati sul luogo di lavorato godono della copertura Inail per infortunio. «Sebbene il rifiuto di vaccinarsi non corrisponda al pressante invito formulato da tutte le autorità sanitarie per l’efficace contrasto della pandemia - ha fatto sapere sul punto il presidente dell’Istituto, Franco Bettoni, in una nota diramata ieri - questo non preclude in alcun modo, in base alle regole consolidate, l’indennizzabilità dell’infortunio in caso di contagio in occasione di lavoro. Il rifiuto di sottoporsi al vaccino, espressione comunque della libertà di scelta del singolo individuo, non può comportare l’esclusione per l’infortunato dalla tutela Inail».

La risposta dell’Istituto era per certi versi scontata, sia per il fatto che il Governo non ha stabilito l’ obbligatorietà della vaccinazione, sia per la mancanza, nell’attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore. L’Istituto ha ricordato, in particolare, quanto disposto dall’articolo 29 del Dlgs 81/2008, secondo cui «il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari…tra cui la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente», ma non prevede l’obbligo del lavoratore di vaccinarsi.

Sempre sul tema del rifiuto del vaccino l’Istituto ha ricordato che sotto il profilo assicurativo - per giurisprudenza consolidata - il comportamento colposo del lavoratore, tra cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, «non comporta di per sé l’esclusione dell’operatività della tutela prevista dall’assicurazione Inail», mentre può ridurre o escludere la responsabilità del datore, facendo venire meno il diritto dell’infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell’Istituto ad esercitare il regresso nei suoi confronti.

Nel caso di rifiuto del vaccino, infine, non può neppure essere applicato il concetto di “rischio elettivo”, dal momento che «il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro».

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