Adempimenti

Sono «salvi» i rapporti che erano già definiti al 19 maggio 2020

La norma del decreto Rilancio trova applicazione a partire dalle restituzioni effettuate dal primo gennaio 2020

di Luigi Lovecchio

La norma del decreto Rilancio trova applicazione a partire dalle restituzioni effettuate dal primo gennaio 2020. Sono tuttavia fatti salvi i rapporti divenuti definitivi al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del Dl 34/2020). Si tratta allora di capire che cosa si intenda con tale espressione e se la nuova disposizione del 2020 possa in qualche modo applicarsi in via retroattiva, a eventi intervenuti in passato.

L’agenzia delle Entrate, nella citata circolare 8/E/2021, ha affermato che il rapporto è divenuto definitivo nei seguenti casi:

la restituzione al lordo è già avvenuta;

la restituzione al lordo è stabilita in sentenze passate in giudicato;

la restituzione al lordo è in corso in base a un piano di rateazione concordato tra le parti. In quest’ultimo caso, peraltro, è fatta salva la possibilità di un successivo diverso accordo, finalizzato alla restituzione del netto. Considerato che secondo l’Agenzia anche a regime le due modalità di rimborso sono applicabili, non è chiaro peraltro quale sia la funzione della “salvezza” dei rapporti già chiusi.

La circolare precisa che in caso di rimborsi originariamente pattuiti al netto, ancora in corso al primo gennaio 2020, il sostituto potrà comunque fruire del credito d’imposta del 30%, in riferimento alle restituzioni avvenute dopo tale data.

Al riguardo, si segnala tuttavia una apparente discrasia nelle esemplificazioni fornite in circolare. Si ipotizza in particolare il caso di accordo/sentenza intervenuti nel 2019 che preveda la restituzione al netto in tre rate annuali, a decorrere dal 2020. In tale eventualità, si riconosce correttamente il credito d’imposta del sostituto, per intero, nell’anno 2020, senza che rilevi la materiale erogazione delle somme. Questo perché il bonus segue il criterio di competenza (data di definizione delle modalità di rimborso) e non quello di cassa. Poco più oltre, invece, si descrive il caso di un accordo/sentenza sempre intervenuti nel 2019, con restituzione al netto in quattro rate, a partire dal 2019. In questo caso, le Entrate, inspiegabilmente, negano il diritto al credito d’imposta. Sembra al contrario corretto affermare che sui rimborsi che avvengono dopo il primo gennaio 2020 il credito competa comunque, a prescindere dalla data di definizione delle intese tra le parti.

Con riferimento alle restituzioni al netto già avvenute fino al 2019, la circolare conferma la facoltà del sostituto di presentare una istanza di rimborso delle ritenute versate in eccesso. Tale istanza potrà essere trasmessa, di regola, entro 48 mesi dal pagamento, in base all’articolo 38 del Dpr 602/1973. Se il rimborso discende da fatti intervenuti successivamente al pagamento della ritenuta, quale ad esempio una sentenza o un accordo conciliativo, allora trova applicazione l’articolo 21 del Dlgs 546/1992, in forza del quale il termine di presentazione è di due anni dalla data in cui il diritto al rimborso è sorto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©