Rapporti di lavoro

Permessi ex legge n. 104/1992: il Ministero del lavoro fornisce chiarimenti

di Massimo Braghin

Il Ministero del Lavoro, con interpello 26 giugno 2014 n. 19, ha risposto ad istanza presentata da Anquap (Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche) e Cida (Manager e Alta Professionalità per l'Italia), relativamente alla corretta interpretazione dell'art. 33 della Legge n. 104/1992, riguardante il diritto riconosciuto al lavoratore dipendente di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito qualora lo stesso debba prestare assistenza ad un familiare portatore di handicap in situazione di gravità, purché sia parente o affine entro il terzo grado. Si ricorda che il suddetto articolo è stato modificato, per inciso, dall'art. 24 della Legge n. 183/2010.
Le Associazioni ANQUAP e CIDA, hanno presentato istanza alla Direzione Generale del Ministero del Lavoro, al fine di chiarire come debba essere interpretato l'art. 33 della Legge n. 104/1992, così come modificato dall'art. 24 della Legge n. 183/2010. La norma in esame fa espresso riferimento alla fattispecie del lavoratore dipendente che si trovi nella situazione di dover garantire l'assistenza ad un familiare (parente o affine al massimo entro il terzo grado) portatore di handicap grave, e, in virtù della quale, lo stesso vanti il diritto di fruire di tre giorni di permessi retribuiti al mese.
Nello specifico, si richiede se tale diritto possa prescindere dalla considerazione che nell'ambito del nucleo familiare siano presenti, altresì, parenti e affini di primo e secondo grado, che possano essi stessi assistere il soggetto portatore di handicap, dato che occorre comprovare solamente una delle condizioni del coniuge e/o dei genitori del soggetto portatore di handicap.
È fondamentale, innanzitutto, il richiamo alla normativa in esame, che ha subito una significativa modifica con il Collegato Lavoro, nel cui seno si rinviene la modifica dell'art. 33 ex Legg. N. 104/1992 come segue:
"A condizione che il soggetto portatore di handicap in situazione di gravità non sia ricoverato a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che lo assiste , coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente".
La lettura della norma, evidentemente, già in prima istanza chiarisce che i soggetti destinatari della fruizione dei permessi per assistenza a soggetti portatori di handicap sono, in ordine di priorità, il coniuge e i parenti e affini entro il secondo grado. Tuttavia, qualora si verifichi che:
- genitori della persona da assistere e/o
- coniuge della persona da assistere
- si trovino in una delle seguenti condizioni:
- compimento di 65 anni;
- affezione da patologie invalidanti;
- siano deceduti o mancanti
allora, è riconosciuto il diritto a fruire dei permessi in commento da parte di parenti o affini entro il terzo grado.
Inoltre, come chiarisce il Ministero del Lavoro, il parente o affine entro il terzo grado può beneficiare dei tre giorni di permesso retribuito mensile, anche nel caso in cui le condizioni suddette riguardino solo uno dei soggetti indicati.
La risposta della Direzione Generale del Ministero del Lavoro va dunque letta nel senso di sancire che, ai fini della fruizione dei permessi ex art. 33 Legge n. 104/1992 così come modificato dall'art. 24 L. n. 183/2010, non è necessario il riscontro della presenza nel nucleo familiare di parenti e/o affini entro il secondo grado; ma è, invece, sufficiente dimostrare la circostanza che il coniuge e/o i genitori del soggetto portatore di handicap grave si trovino in una delle condizioni che sono richieste dalla normativa (ovvero, compimento di 65 anni; affezione da patologie invalidanti; morte o mancanza).
Di conseguenza, se a richiedere il permesso è per esempio un affine di primo grado questi non deve dimostrare che eventuali altri parenti non possano assistere il disabile.
Di contro, se è un parente o affine di terzo grado a richiedere i permessi, è lecito da parte del datore di lavoro, richiedere un'attestazione da cui si possa dedurre che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla legge.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©