Rapporti di lavoro

La verifica dell'organico aziendale in caso di licenziamento

di Alberto Bosco

La disciplina sanzionatoria a carico del datore di lavoro è assai differenziata in ragione dell'effettiva consistenza dell'organico impiegato dal datore di lavoro. Anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, infatti, il costo del licenziamento illegittimo è molto inferiore nel caso in cui il datore di lavoro non sia soggetto all'applicazione dell'art. 18 legge n. 300/1970.
Si ricorda che l'onere della prova circa l'effettiva consistenza dell'organico aziendale ricade sempre e solo sul datore di lavoro e che il computo dei dipendenti va effettuato tenendo conto della normale occupazione dell'impresa con riguardo al periodo di tempo antecedente al licenziamento e non anche a quello successivo, senza dare rilevanza alle contingenti e occasionali contrazioni o anche espansioni del livello occupazionale aziendale.
Tale norma, che vale quindi a distinguere i datori di lavoro tra "piccoli" e "grandi", individuando appunto questi ultimi, si applica ai:
1) datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupano più di 15 prestatori di lavoro, quindi almeno 16 (più di 5, quindi almeno 6, se trattasi di imprenditore agricolo);
2) datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di 15 dipendenti (e imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di 5 dipendenti), anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti;
3) datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che hanno alle loro dipendenze più di 60 (quindi almeno 61) prestatori di lavoro.
Definiti i parametri normativi, resta da stabilire quali figure debbano essere computate e quali no, avvertendo subito che vi sono anche alcuni casi in cui il conteggio deve essere effettuato con particolari criteri. Ebbene, dato per scontato che possono e debbono essere considerati esclusivamente i "lavoratori subordinati", vanno conteggiati i:
1) dirigenti;
2) lavoratori assunti a tempo indeterminato;
3) lavoratori assunti a tempo determinato, salvo il caso della sostituzione, secondo il criterio della "normale occupazione";
4) lavoratori "in nero" e quelli impiegati a seguito di distacco irregolare;
5) lavoratori con contratto di telelavoro;
6) dipendenti rispetto ai quali sia in corso di svolgimento il periodo di prova;
7) dipendenti assenti a vario titolo: malattia, maternità, aspettative e così via: in questo caso, secondo i principi generali in materia, non si computano i lavoratori assunti in loro sostituzione;
8) lavoratori "esterni", adibiti a lavori da svolgersi, per loro natura, fuori dello stabilimento o dell'ufficio: si pensi a piazzisti, propagandisti e informatori medico-scientifici: va considerata l'unità produttiva cui essi fanno riferimento;
9) lavoratori stranieri i cui rapporti siano regolati, ai sensi dell'art. 25 delle preleggi, da una legge diversa da quella italiana;
10) lavoratori a domicilio che rendano la propria prestazione in maniera continuativa.
Per alcune categorie di dipendenti, le norme stabiliscono un criterio di computo ad hoc; si tratta di:
1) lavoratori con contratto di lavoro intermittente, che vengono inclusi nell'organico in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre;
2) lavoratori con contratto di lavoro ripartito: due lavoratori con contratto di lavoro ripartito si contano come una sola unità;
3) lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore.


ESEMPIO
Il datore di lavoro - a fronte di un orario normale di lavoro contrattuale pari a 40 ore settimanali - impiega 5 lavoratori con contratto a tempo parziale a tempo indeterminato rispettivamente pari a 20, 20, 20, 25 e 30 ore settimanali. Il calcolo, ai fini dell'organico, si effettua come segue:
a) 20 + 20 + 20 + 25 + 30 = 115 ore totali settimanali lavorate dai dipendenti a tempo parziale;
b) 115 ore totali lavorate dai dipendenti a tempo parziale diviso 40 ore = 2,87 unità
Ne consegue che i 5 lavoratori a tempo parziale e indeterminato, per effetto del superamento del 50% dell'orario normale di lavoro in seguito all'arrotondamento considerando il risultato finale ottenuto e pari a 2,87, si contano come 3 unità intere ai fini della disciplina di tutela contro i licenziamenti.


Per contro, non devono essere conteggiati in quanto non contribuiscono a determinare l'organico:
1) apprendisti;
2) coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea;
3) lavoratori assunti con contratto di reinserimento;
4) associati in partecipazione;
5) familiari del datore di lavoro che siano cointeressati alla direzione dell'azienda o che vi esplichino attività a titolo gratuito;
6) lavoratori assunti con contratto di inserimento;
7) lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato o indeterminato: questi, infatti, non sono computati "nell'organico dell'utilizzatore ai fini della applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell'igiene e della sicurezza sul lavoro;
8) tirocinanti e stagisti, nei cui confronti non si instaura un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato;
9) tutti i lavoratori autonomi e i parasubordinati: collaboratori a progetto e figure similari.
È quindi alla luce di quanto sopra che il datore di lavoro dovrà regolarsi per sapere se è soggetto solo alle sanzioni economiche previste dalla legge n. 604/1966, ovvero se gli si applichi la ben più costosa disciplina contenuta nell'art. 18 legge n. 300, la quale - a determinate condizioni - prevede anche la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.

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