Rapporti di lavoro

Dai giuslavoristi le opzioni tecniche per favorire la produttività

di Fabio Rusconi

Produttività. È stata questa la parola chiave usata dagli avvocati giuslavoristi italiani nel loro congresso nazionale di Genova, che si è concluso sabato 20. Per indicare opzioni ragionate alla politica che si accinge ad adottare scelte, sulle regole del lavoro, mirate a rilanciare occupazione e crescita. I risultati del dibattito sono a doppia voce, come si confà a un'associazione che rappresenta sia i difensori dei lavoratori che dei datori, ma costituiscono proprio perciò importanti opzioni tecniche a disposizione delle scelte politiche imminenti.

La flessibilità, ad esempio, può consentire maggior competitività delle imprese nell'immediato, ma, se regolata senza attenzione alle garanzie sociali irrinunziabili, rischia di alimentare la precarietà, la corsa al ribasso nella qualità del prodotto, e quindi un ostacolo su un parametro stesso di competitività, e di essere un disincentivo a investimenti di lungo periodo, come segnala la stessa Ocse.

I modelli contrattuali, gli istituti che hanno creato più dibattito e divergenze interpretative, anche in giurisprudenza, sono così stati passati al setaccio per mettere a nudo problemi vecchi e nuovi, disfunzioni, ma anche utilità. Tra queste, l'apporto che al rilancio e all'adattamento dinamico delle regole alle esigenze del mercato e delle imprese può dare una contrattazione collettiva flessibile, efficace e capace di operare scelte adeguate, con effetti positivi sia per la competitività delle imprese, sia per i lavoratori.

Naturalmente, il dibattito non ha trascurato il contratto subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti e l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Quanto all'articolo 18, in particolare, le voci di parte sindacale segnalano che nel disegno dello Statuto la norma fu pensata come il cardine che consentì lo sviluppo dell'attività sindacale e che ancor oggi rappresenta un baluardo di civiltà delle relazioni in azienda e un deterrente contro l'abuso del licenziamento. Aggiungono che l'intervento sulla norma operato dalla legge Fornero ha già ridotto le garanzie e levato alibi a chi denunziava alcuni eccessi di tutela; e concludono che non esiste alcun nesso dimostrato tra il ridimensionamento di quella tutela e la propensione delle imprese ad assumere, anche perché la realtà applicativa parla di sole 2000 reintegrazioni in un anno: un dato evidentemente irrilevante e inidoneo a giustificare una nuova riforma e i contraccolpi sul sistema di garanzie che ne deriverebbero.

Per contro, i legali datoriali sottolineano quanto la norma sia ormai il simbolo dell'anomalia italiana nel contesto mondiale, che scoraggia gli investitori internazionali a puntare sul mercato italiano e che segna lo scarto grave tra protetti e altri: che ormai sono oltre il 50% del lavoro. Cui si sommano gli esclusi dal mercato, disoccupati o inoccupati.

Il Ddl delega è ancora vago: il dibattito tecnico e politico che accompagnerà i decreti delegati sarà il luogo in cui i contributi di idee potranno essere più utili.

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