Rapporti di lavoro

Priorità agli adempimenti nell'accertamento delle irregolarità

di Maria Rosa Gheido

L'avvenuto assolvimento degli adempimenti di legge esclude la fattispecie del lavoro nero, anche se la natura del rapporto di lavoro autonomo viene disattesa. Confermando il precedente orientamento espresso con la circolare 38 del 2010, il ministero del Lavoro con la nota 16920 del 9 ottobre 2014 ribadisce che lo scopo della cosiddetta maxisanzione è di scoraggiare l'occultamento dei rapporti di lavoro e che, pertanto, la stessa non si rende applicabile quando, dalla documentazione prodotta risulti agli atti una documentazione idonea a dimostrare che indipendentemente dalla natura del contratto, non vi era tale volontà.
La sanzione per l'impiego di lavoratori “in nero” è stata introdotta nel 2002 dal decreto legge numero 12 ed è stata più volte profondamente modificata, da ultimo dal Dl 145/2013 che ne aumentato del 30% l'importo. Per le violazioni consumate dal 24 dicembre 2013, pertanto, per ciascun lavoratore subordinato impiegato in nero, la sanzione amministrativa va da un minimo di 1.950 a un massimo di 15.600 euro, oltre a 195 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Qualora il lavoratore sia già stato regolarizzato al momento dell'accesso ispettivo, la sanzione dal 24 dicembre 2013 va da 1.300 a 10.400 euro, mentre la somma aggiuntiva di 30 euro a giornata sale a 39 euro.

Particolarmente significativo può, però, considerarsi l'intervento operato dalla legge 138/2010 secondo cui la sanzione è comminata solo in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione salvo che “dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione”.

E' indubbio che non è sempre agevole distinguere tra subordinazione e autonomia, anche facendo riferimento all'articolo 2094 del codice civile, che definisce lavoratore subordinato chi “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”. Rileva, quindi, la funzione gerarchico-disciplinare che è comunemente identificata da una concorrenza di indici quali l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione predisposta dal datore di lavoro, il rispetto di un orario, le modalità della retribuzione, l'assenza di rischio economico in capo al lavoratore, l'alienità dei mezzi e strumenti di lavoro, l'assoggettamento a poteri di controllo e disciplinari del datore di lavoro, ecc.

Il rapporto di lavoro si qualifica invece come autonomo «quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente» (articolo 2222 del codice civile). In buona sostanza, l'oggetto del rapporto di lavoro autonomo consiste nell'opera o nel servizio che il contraente si obbliga a realizzare, mentre il contenuto, pur concretizzandosi sostanzialmente in forme non molto dissimili da quelle che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato, non presenta vincolo di subordinazione.

Appare evidente che non sempre è agevole il corretto inquadramento del rapporto di lavoro ed è pertanto quanto mai opportuno che si privilegi l'osservanza, da parte del committente-datore di lavoro privato, degli adempimenti propri della tipologia contrattuale in cui ha inteso inquadrare la prestazione.

Il problema non si pone per tutti quei rapporti di lavoro che, seppure autonomi, richiedono la preventiva comunicazione al centro per l'impiego, come ad esempio per i contratti di collaborazione a progetto. Disagevole può invece essere la prova dell'esistenza di un rapporto di lavoro autonomo occasionale ex articolo 2222 del codice civile. In questo caso, infatti, non ci sono obbligazioni contributive, salvo che il prestatore d'opera incassi compensi per oltre 5.000 euro annuali e l'unico atto indirizzato alla Pubblica amministrazione potrebbe essere il versamento della ritenuta d'acconto tramite il modello F24 oltre che, ovviamente, la presentazione della dichiarazione annuale con il modello 770.

La tempistica di entrambi questi documenti mette a rischio sanzione, però, i rapporti di recente instaurazione. Particolarmente significativo è, quindi, che con la nota in commento il ministero del Lavoro citi anche le rilevazioni contabili che possono costituire una “valida documentazione fiscale” a comprova della volontà di non occultare il rapporto di lavoro la cui natura venga, eventualmente, contestata in sede ispettiva.

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