Rapporti di lavoro

Servizio di prevenzione e protezione , la “discrezionalità” aziendale nell'assegnazione di un budget

di Luca Barbieri

Con interpello del 6 ottobre 2014, n. 22 il Ministero del lavoro ha offerto un'interpretazione circa la dotazione economica del Servizio di prevenzione e protezione (SPP) con riferimento all'art. 31, comma 2, primo periodo D.Lgs. 81/2008, ai sensi del quale “gli addetti e i responsabili dei servizi […] devono disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati”.
Più precisamente, era stato chiesto di sapere se “nella definizione di mezzi adeguati è da intendersi un budget di spesa congruo al raggiungimento delle finalità previste”.
Il Dicastero ha precisato che “la scelta di assegnare un budget è rimessa alla discrezionalità dell'organizzazione aziendale”.
La laconicità con la quale il Dicastero esaurisce le argomentazioni potrebbe dar luogo a fraintendimenti. Attribuire la piena discrezionalità al datore di lavoro in tema di budget non equivale certamente ad ammettere che l'efficacia del SPP possa essere pregiudicata dalla mancanza di fondi e risorse finanziarie, quando un evento di particolare gravità comporti, anche nell'immediato, la necessità di una ridefinizione - talvolta incisiva - del SPP stesso.
L'ordinamento vigente obbliga il datore di lavoro a dotare l'impresa di un SPP, definito come “l'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori” (art. 2, comma 1, lett. l) D.Lgs. n. 81) e, in generale, “ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” (art. 2087 c.c.).
In questa prospettiva, il giudizio di adeguatezza del SPP organizzato non può che essere inteso dinamicamente anche con riferimento alle risorse economiche assegnate al servizio stesso alla luce, ad esempio, di quanto disposto da:
a)l'art. 15, comma 1, lett. b) e c) del citato decreto legislativo, per effetto del quale le misure generali di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori comportano i) “la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro” ii) “l'eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico”;
b)l'art. 28, comma 2, lett. c), ai sensi del quale il documento di valutazione dei rischi (DVR) deve contenere il “programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza” [la cui violazione è peraltro sanzionata ex art. 55, comma 3 del medesimo decreto con l'ammenda compresa tra € 2.192,00 e € 4.384,00];
c)l'art. 29, comma 3, in ragione del quale il DVR deve essere rielaborato ogni qual volta si registrino modifiche del processo produttivo, mutamenti dell'organizzazione del lavoro, evoluzioni della tecnica della prevenzione e delle protezione, infortuni significativi, eventuali emergenti necessità.
In relazione al rilievo che assume il carattere di dinamicità del DVR e del SPP, è opportuno aggiungere al quadro normativo l'interpello 30 gennaio 2014, n. 5 che, seppure afferente la materia della somministrazione di lavoro, ha certamente un risvolto significativo in via generale in materia prevenzionistica, avendo il Dicastero indirettamente precisato che è rilevata una mancata effettuazione della valutazione dei rischi quando il datore di lavoro non sia in grado “di fornire prova della valutazione dei rischi mediante l'esibizione del relativo D.V.R., in quanto o non l'abbiano effettuata, ovvero tale valutazione non sia stata rielaborata secondo le previsioni dell'art. 29, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81”.
In tale ipotesi, il mancato adeguamento del documento di valutazione dei rischi [e del SPP nel suo complesso] produrrebbe effetti non solo in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (ad esempio, tale violazione comporterebbe la perdita del diritto a fruire dei benefìci normativi e contributivi ex art. 1, comma 1175, legge 296/2006).
Dunque, sebbene la legislazione vigente non contempli espressamente l'obbligo per il datore di lavoro di elaborare una previsione di spesa (budget) a garanzia del corretto funzionamento del SPP, è pur vero che ogni qual volta il mantenimento in efficienza del SPP richieda una dettagliata programmazione di iniziative ed attività [come evidenziate ai precedenti punti a), b) e c)], non possano essere trascurate le relative opportune considerazioni circa le risorse, anche economiche, che sarà necessario impiegare.

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