L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Trasferimento d’azienda e premio di fine anno

di Mariano Delle Cave

La domanda

D: Sono un impiegato in un'azienda di ristorazione collettiva. Prima della fusione, per incorporazione, in altra società, era stato riconosciuto a me ed a tutti gli altri miei colleghi con mansioni ed inquadramento analoghi, in busta paga, un premio di fine anno: non vi era stato un accordo in merito ma era una prassi che andava avanti da molto tempo. Quando, poi, siamo stati incorporati dalla nuova ditta, il contratto collettivo nazionale non è mutato, ma questo emolumento non ci è stato più riconosciuto, in quanto così ci èstato riferito il Contratto Collettivo Aziendale del nostro nuovo datore, non prevede quella particolare voce retributiva. E'corretto?

R: Il quesito è inerente alle conseguenze che occorrono in capo ai lavoratori in caso di trasferimento di azienda. L'incorporazione rientra, infatti, tra quei fenomeni negoziali regolati, per quanto riguarda i rapporti di lavoro, dall'art. 2112 c.c. Tale norma, oltre a garantire la prosecuzione del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità con il cessionario (nel nostro caso la società incorporante), dispone anche che il nuovo datore di lavoro debba applicare i trattamenti economici e normativi dei contratti collettivi prima vigenti presso il cedente, salvo che siano stati sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce, però, solo tra contratti collettivi del medesimo livello: così precisa l'art. 2112 c.c. Ebbene, se il premio, erogato prima della fusione, era un emolumento derivante non da una pattuizione individuale, ma da un uso aziendale, seguendo l'orientamento più recente della Corte di Cassazione in tema, che ha riconosciuto valore di contratto collettivo aziendale a detto uso, deve allora ritenersi che il Contratto Collettivo Aziendale della Società incorporante abbia sostituto perintero la prassi aziendale precedentemente vigente (cfr in proposito Corte di Cassazione, Sez. Lav., del 17 marzo 2010, n. 6453).

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