L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Il diritto della lavoratrice madre alla conservazione del posto di lavoro

di Mariano Delle Cave

La domanda

D: Una dipendente sta finendo il congedo di maternità ed è pronta al rientro al lavoro. Per conflitti precedenti e concomitanti con lo stato di gravidanza le parti si sono ignorate in questo periodo. Il datore offre alla dipendente la possibilità di non rientrare in servizio con la retribuzione pagata fino ad un anno di età del bambino. Cosa ritenete può rischiare in termini civili e penali il datore se insiste al non far entrare il dipendente in azienda pur garantendole la retribuzione come se lavorasse?

R: L'art. 56 del D.lgs. 151/2001, che tutela la maternità ed i congedi parentali, prevede espressamente a favore della lavoratrice il diritto al rientro al lavoro, al termine del congedo obbligatorio di maternità, conservandone il posto di lavoro, con l'adibizione alle mansioni da ultimo svolte. La violazione di tale disposizione è qualificata per giurisprudenza costante discriminazione. Più precisamente, l'art. 55 bis del D.lgs. n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) qualifica discriminazione diretta in quanto produce un effetto pregiudizievole - ogni trattamento meno favorevole, in ragione della maternità. La lavoratrice potrà tutelarsi, anche in via d'urgenza, chiedendo la rimozione dei comportamenti denunciati nel quesito e il risarcimento di tutti i danni patiti, primo di tutti quello alla professionalità, oltre a quei danni che sosterrà avere subito in ragione del comportamento illegittimo del datore di lavoro (danno biologico, morale ecc).

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