Rapporti di lavoro

Solidarietà negli appalti confermata per retribuzioni e contributi

di Francesco Natalini

Che il regime di solidarietà negli appalti fosse una delle materie più contorte, controverse e farraginose del panorama giuslavoristico e quindi necessitasse prima o poi quantomeno di una semplificazione appariva indubitabile, atteso che si era venuta a creare una vera e propria giungla normativa.

Nel corso degli anni, infatti, si è assistito a una tale stratificazione di norme, con successivi e reiterati interventi legislativi (basti pensare che le disposizioni intervenute sulla materia sono state ben sei solo negli ultimi due anni), spesso non coordinati e armonizzati con la normativa preesistente, a cui si aggiungeva anche una forte instabilità, con norme introdotte, abrogate e poi nuovamente reintrodotte.

Il tutto andava a comporre un puzzle che annoverava una pluralità di norme di legge (articolo 1676 del codice civile; articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003; articolo 35, commi 28, 28-bis e 28-ter del Dl 223/2006; articolo 3 del Dlgs 72/2000; articolo 26, comma 4, del Dlgs 81/2008; articolo9 del Dl 76/2013 ed altre discipline collaterali, quali ad esempio lo stesso articolo 8 del Dl 138/2011), oltre ad alcune pronunce giurisprudenziali “estensive”.
Ora finalmente il legislatore è intervenuto, ancorché in modo parziale, sulla materia a mezzo del decreto 175 del 21 novembre 2014 (cosiddetto decreto sulla semplificazione fiscale) prevedendo all’articolo 28:
1) l’abrogazione dei commi da 28 a 28-ter dell’articolo 35 del Dl 223/2006, convertito nella legge 248/2006;
2) la previsione all’interno dell’articolo 29, comma 2, ultimo periodo del Dlgs 276/2003, laddove il committente sia stato costretto a eseguire il pagamento delle retribuzioni in qualità di obbligato solidale, che il medesimo «è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del Dpr 29 settembre 1973, numero 600».

Nel caso 1 viene abrogata la cosiddetta “solidarietà fiscale” introdotta dalla “manovra Bersani” nel 2006 che, tralasciando le varie modifiche e i dietrofront fatti registrare dal legislatore nel corso degli anni, nell’ultima versione (cioè quella vigente prima del Dl 175/2014) prevedeva l’obbligo solidale a carico dell’appaltatore (ma di fatto anche del committente, visto che al comma 28-ter si citavano anche i contratti di appalto e non solo di subappalto), nel caso di omesso versamento delle (sole) ritenute fiscali da parte (testualmente) del subappaltatore, stabilendo il diritto per il committente di non procedere al pagamento dei corrispettivi se non dopo aver ricevuto idonea documentazione attestante il corretto versamento delle predette ritenute.

Tale idonea documentazione era stata definita a seguito di intervento dell’agenzia delle Entrate e poteva consistere essenzialmente o nell’asseverazione rilasciata da un Caf o da un professionista abilitato, ovvero, in alternativa, anche in una dichiarazione sostitutiva - resa ai sensi di quanto previsto dal Dpr 445/2000 - con cui il datore di lavoro (obbligato principale) attestava l’avvenuto adempimento degli obblighi richiesti dalla disposizione (circolare 40/2012).

La norma del 2006 aveva peraltro un fine precipuo: quello di evitare che la frammentazione degli subappalti verso imprese non sempre perfettamente “monitorabili” esponesse troppo gli appaltatori a una responsabilità solidale incontrollabile e infatti, in analogia con quanto previsto dall’articolo 1676 del codice civile, aveva previsto che gli importi dovuti per la responsabilità solidale non potessero eccedere complessivamente l’ammontare del corrispettivo dovuto dall’appaltatore al subappaltatore.

Qualora però il committente avesse provveduto ugualmente al pagamento nei confronti dell’appaltatore, pur in presenza di irregolarità relative al mancato versamento delle ritenute, sarebbe scattata una pesante sanzione amministrativa, da 5.000 a 200.000 euro, la quale tuttavia si applicava solo in presenza dei due presupposti: il pagamento del corrispettivo e l’inadempienza dell’appaltatore o degli eventuali subappaltatori rispetto al pagamento delle citate ritenute, così che, qualora il pagamento all’appaltatore fosse avvenuto senza il controllo dei citati adempimenti fiscali da parte del committente, ma questi fossero stati eseguiti regolarmente, nessuna penalità poteva essere applicata.

Orbene, oggi la norma non esiste più e quindi sparisce (senza troppi rimpianti) la responsabilità fiscale, anche se non mancheranno problemi legati all’applicazione del diritto intertemporale, vale a dire per quelle ritenute non versate prima dell’entrata in vigore della novella legislativa, ma il cui fatto omissivo sia stato accertato successivamente.

Per quanto concerne l’intervento indicato al punto 2), sempre contenuto all’articolo 28 del Dl 175/2014, va premesso che l’articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003 rappresenta (oggi più che mai) la disciplina giuslavoristica di riferimento in tema di responsabilità solidale in materia di appalto e subappalto, la quale prevede una solidarietà “retributiva”, “contributiva” e “assicurativa” (premi Inail), stabilendo però anche la possibilità di poter invocare, da parte dell’obbligato solidale, il preventivo “beneficio di escussione” nei confronti del datore di lavoro/obbligato principale, prima di essere chiamati ad adempiere in via sostitutiva.

Orbene, l’intervento di semplificazione fiscale del 2014 precisa e tutto sommato conferma, elevandola solo a rango di legge, la responsabilità solidale in materia di ritenute fiscali in ipotesi di pagamento delle retribuzioni in luogo dell’obbligato principale (cosiddetta sostituzione retributiva), che non va confuso con quello contemplato dalla (abrogata) “manovra Bersani”, che considerava la responsabilità solidale in caso di mancato versamento delle (sole) ritenute fiscali (situazione che quindi presupponeva, necessariamente, il pagamento degli stipendi da parte dello stesso obbligato principale).

Va ricordato che prima della esplicita previsione legale, oggi inserita nell’articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003, in caso di sostituzione retributiva da parte dell’obbligato solidale, soccorreva una risoluzione dell’agenzia delle Entrate (la 481/E del 19 dicembre 2008), la quale aveva già disposto che il soggetto che si assume l’onere (in virtù del vincolo di solidarietà) di pagare gli stipendi deve anche operare le ritenute e versarle, agendo in veste di un “normale” sostituto di imposta ai sensi dell’articolo 23 del Dpr 600/1973.

Considerato poi che l’articolo 51 del Tuir si riferisce a somme e valori in genere «a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro», il citato articolo 23 era, in linea di principio, applicabile anche nell’ipotesi in cui il pagamento di redditi di lavoro dipendente venisse effettuato dal committente sostituto d’imposta a seguito dell’applicazione delle norme vigenti in materia di solidarietà (il riferimento esplicito contenuto nella risoluzione dell’Agenzia era all’articolo1676 del codice civile, estensibile, implicitamente, anche all’articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003).

Naturalmente, nel momento in cui si effettua il pagamento della retribuzione in luogo del debitore principale, oltre a procedere alla trattenuta e versamento delle ritenute fiscali, sarà necessario adempiere anche agli obblighi di certificazione e dichiarazione (certificazione unica e modello 770).

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