Rapporti di lavoro

Gli impianti installati da un soggetto diverso dal datore di lavoro e i “controlli difensivi”

di Angelo Zambelli


Con la sentenza n. 3122 depositata il 17 febbraio 2015, la Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema dell’utilizzo in giudizio delle prove acquisite mediante strumenti di controllo a distanza diretti a verificare le condotte illecite dei dipendenti.
Nel caso in esame, tre lavoratori, addetti al carico di carburante nelle autobotti, erano stati licenziati per giusta causa per aver compiuto operazioni fraudolente volte ad alterare il carico effettivo delle autobotti, in concorso con gli autisti, al fine di sottrarre carburante aziendale. Nello specifico, la società datrice di lavoro era venuta a conoscenza delle condotte dei dipendenti tramite la visione di un filmato che era stato registrato dalla Guardia di finanza.
La Corte di cassazione nella sentenza in esame ha ritenuto infondata la censura sull’illegittimità della ripresa per «violazione della privacy dei lavoratori», sul presupposto che la stessa fosse «comunque rilevante per scoprire un fatto costituente reato». In particolare, la Suprema corte ha confermato la legittimità dell’acquisizione e dell’utilizzazione istruttoria del suddetto filmato sulla base del quale i giudici di seconde cure avevano, da un lato, ritenuto provati i fatti addebitati a due dei tre dipendenti e, dall’altro, ritenuto illegittimo il recesso irrogato al terzo dipendente atteso che dal filmato risultava che questi aveva passivamente ed episodicamente partecipato ai fatti oggetto di contestazione.
La sentenza si segnala perché ribadisce i recenti orientamenti giurisprudenziali espressi in tema di legittimità dei controlli cosiddetti “difensivi”, ossia dei controlli posti in essere dal datore di lavoro e diretti ad accertare comportamenti illeciti dei dipendenti nonché sul conseguente utilizzo in giudizio delle prove acquisite tramite tali controlli.
Sul punto occorre ricordare che, come noto, l’articolo 4, comma 1, dello Statuto dei lavoratori stabilisce un divieto assoluto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, mentre il comma 2 del medesimo articolo attenua tale divieto stabilendo che gli impianti e le apparecchiature di controllo «che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori» (cosiddetti controlli preterintenzionali) possono essere installati soltanto previo accordo con le Rsa/Rsu o, in mancanza, previa autorizzazione della competente Direzione territoriale del lavoro.
La Corte di cassazione nella sentenza in commento ha confermato i precedenti orientamenti giurisprudenziali secondo cui le garanzie poste in materia di divieto di controlli a distanza dall’articolo 4, comma 2, dello Statuto dei lavoratori trovano applicazione ai controlli cosiddetti difensivi, diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, «quando, però, tali comportamenti riguardino l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, e non, invece, quando riguardino la tutela di beni estranei al rapporto stesso», con la conseguenza che devono ritenersi legittimi i controlli – anche se “occulti” – diretti ad accertare comportamenti del prestatore illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale.
La Cassazione, inoltre, tenendo evidentemente in considerazione il fatto che il filmato che riprendeva i dipendenti nel compimento delle condotte illecite era stato effettuato non dal datore di lavoro bensì dalla Guardia di finanza, ha ribadito l’ulteriore principio già espresso dalla medesima Corte nel 2011 (Cass. 2117/2011) secondo cui il divieto di cui all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori non preclude al datore di lavoro «al fine di dimostrare l’illecito posto in essere da propri dipendenti, di utilizzare le risultanze di registrazioni video operate fuori dall’azienda da un soggetto terzo, del tutto estraneo all’impresa e ai lavoratori dipendenti della stessa, per esclusive finalità “difensive” del proprio ufficio e della documentazione in esso custodita, con la conseguenza che tali risultanze sono legittimamente utilizzabili nel processo dal datore di lavoro».

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