Adempimenti

Riforma delle sanzioni tributarie: attenzione alla decorrenza delle norme

di Matteo Ferraris

Con il decreto legislativo 158/2015 di revisione delle sanzioni tributarie (Supplemento ordinario 55/L alla Gazzetta ufficiale 233 del 7 ottobre 2015) il Governo ha completato una parte importante del processo di delega in materia fiscale che il Parlamento aveva concesso con la legge 23/2014. Il decreto si colloca nell'ambito dell'articolo 8 della legge delega con cui il Governo veniva delegato a revisionare il sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti. La stessa legge delega prevedeva una revisione del sistema sanzionatorio amministrativo.
L'intervento di alleggerimento delle sanzioni penali è operato tramite un intervento indiretto fondato sull'elevazione delle soglie di rilevanza penale (per esempio per i casi di omesso versamento IVA, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione).
In ragione del principio del favor rei ciò potrebbe incidere positivamente sul carico delle pendenze presso Procure e Tribunali. E' bene sottolineare, dunque, che la revisione delle sanzioni penali (recate nel Titolo I) entrano in vigore secondo le regole ordinarie. E', invece, differita al 1° gennaio 2017 la decorrenza delle disposizioni contenute nel Titolo II, relativo alla riforma delle sanzioni amministrative su cui si ritornerà con separato articolo.
La revisione delle sanzioni penali
Più nel dettaglio le aree di revisione coinvolgono la fattispecie
-della dichiarazione fraudolenta, mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ovvero attraverso altri artifici: viene prevista l'elisione dell'aggettivo “annuale”, riferito alle dichiarazioni, rendendo configurabile il reato non solo nelle dichiarazioni annuali ma in qualsiasi dichiarazione presentata dal contribuente;
-della dichiarazione infedele: viene innalzata la soglia di rilevanza penale e sono introdotte nuove esimenti che escludono dalla rilevanza penale buona parte della cosiddetta “evasione da interpretazione”; vi è il rischio che la sussistenza o meno delle esimenti debba essere provata in sede di giudizio obbligando i contribuenti ad intraprendere la via giudiziaria mentre sarebbe stata più aderente alla delega una totale depenalizzazione della dichiarazione infedele (non caratterizzata, quindi, da frode);
-della dichiarazione omessa;
-della distruzione od occultamento dei documenti contabili: viene inasprito il trattamento sanzionatorio, passandosi dall'attuale range che contempla la pena da sei mesi a cinque anni di reclusione alla più rigorosa previsione che contempla un minimo di un anno e sei mesi ed un massimo di sei anni;
-dell'omesso versamento iva: viene elevata la soglia quantitativa a partire dalla quale scatta la punibilità del delitto (ammontare di imposta superiore a “euro duecentocinquantamila” per ciascun periodo d'imposta), soglia attualmente stabilita in 50.000 euro. Nessuna modifica, invece, riguarda l'entità della pena, rimasta identica a quella vigente (reclusione da sei mesi a due anni).
-dell'indebita compensazione: l'art. 9 del decreto modifica il reato di indebita compensazione (distinto rispetto alla fattispecie della compensazione eccedente il limite) introducendo una soglia quantitativa. Nella nuova previsione viene punito l'utilizzo in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti per un importo annuo “superiore ai cinquantamila euro”. Varia l'entità della pena: reclusione da sei mesi a due anni per i crediti non spettanti, elevata da un anno e sei mesi a sei anni contro la prassi del cosiddetto “F24-bancomat” relativo ai crediti inesistenti.
Sostituti d'imposta e Omesso versamento di ritenute certificate
L'art. 7 del decreto introduce alcune sensibili modifiche al reato previsto dall'art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000 ampliando il reato ai sostituti d'imposta che:
-omettano il versamento delle ritenute “risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti” ovvero
-risultino debitore di ritenute “dovute sulla base della stessa dichiarazione”.

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