Rapporti di lavoro

Percorso a ostacoli per la tutela delle invenzioni nel Jobs act degli autonomi

di Antonio Carlo Scacco

L'articolo 4 del cd. JobsAct per gli autonomi disciplina gli apporti originali e le invenzioni realizzati dal lavoratore autonomo durante l'esecuzione del contratto. Stabilisce la norma che i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell'esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Fa eccezione il caso in cui “l'attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata” (ipotesi che corrisponde grosso modo alla cd. invenzione di servizio di cui all'articolo 64 co. 1 del c.p.i.). Ma il rinvio operato dalla norma non appare di semplice lettura. Nelle discipline speciali richiamate non esistono, infatti, norme specifiche che regolano i diritti e gli obblighi derivanti dalle invenzioni dei lavoratori autonomi. Le norme sul lavoro subordinato contenute sia nella legge 633/1941 che nel codice della proprietà industriale, ossia quelle che sembrano più immediatamente applicabili, rispondono a motivazioni giuridiche ben definite, non completamente trasferibili al lavoro autonomo. In buona sostanza la ratio della disciplina è fondata sulla espropriazione del diritto dell'inventore a sfruttare i diritti relativi all'invenzione, salvo il giusto premio, in quanto essa è anche frutto dell'organizzazione di lavoro predisposta dal datore. Ma tale circostanza non ricorre nel lavoro autonomo, ed anzi la etero-organizzazione, ossia la organizzazione della prestazione del collaboratore con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, è elemento idoneo a ricondurre il rapporto nelle tutele del lavoro subordinato. La propensione del legislatore a ritenere patrimonio del datore di lavoro ogni conseguenza ed effetto della sua prestazione lavorativa derivano direttamente dai concetti di fedeltà ed esclusività del rapporto di lavoro subordinato e sull'assunto che i mezzi materiali che hanno reso possibile l'invenzione sono stati messi a disposizione dal medesimo datore di lavoro. Nel rapporto di lavoro autonomo, viceversa, tali caratteristiche vengono meno.
E' plausibile, ad esempio, configurare un obbligo a carico del prestatore d'opera di comunicare al committente l'innovazione o l'invenzione trovata, oppure un obbligo di non brevettare a proprio nome? Tale obbligo è pacificamente desumibile dal tenore dell'articolo 64 del codice della proprietà industriale ma si fonda sulla previsione di un sussistente rapporto di lavoro dipendente (ed infatti in alcuni precedenti il lavoratore che ha proceduto a brevettazione è stato ritenuto colpevole di un comportamento che ne ha giustificato il licenziamento). Problemi anche maggiori nascono dalla applicabilità della normativa in materia di invenzione libera (articolo 64 co. 3 del c.p.i.). In questo caso i requisiti dell'invenzione sono essenzialmente due: da un lato non deve essere realizzata nell'esecuzione di un contratto di lavoro e dall'altro deve esserci una connessione oggettiva fra l'invenzione e l'attività del datore. Si attribuiscono all'inventore (in ipotesi il lavoratore autonomo) tutti i diritti patrimoniali ed economici derivanti dallo sfruttamento del ritrovato, mentre spetta al datore di lavoro il diritto di opzione per l'uso esclusivo (o non esclusivo) dell'invenzione. Ma anche tale disciplina, relativamente alla limitazione del potere dispositivo del lavoratore, trova (unanime) fondamento nell'obbligo di fedeltà disciplinato dall'articolo 2105 c.c., e si giustifica con la opportunità di non compromettere la competitività delle imprese favorendo forme ingiustificate di concorrenza ai danni del datore di lavoro. Proprio per questo si riconosce al datore un diritto di opzione che costringe l'autore dell'invenzione a preferirlo obbligatoriamente, anche a fronte di offerte migliori, ed a carico dell'autore un obbligo di comunicazione allo stesso datore dell'avvenuto deposito della domanda di brevetto ( anche a pena di licenziamento: v., ad es., Cass 20 marzo 1980, n. 1877). Nel rapporto di lavoro autonomo, viceversa, non è configurabile un obbligo di fedeltà e non è conseguentemente chiaro in quali forme e modi potrà applicarsi il richiamo alla disciplina prevista dal diritto della proprietà industriale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©