L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Determinazione del Tfr, su ferie e permessi residui

di Paolo Rossi

La domanda

Buongiorno, volevo sapere se i valori liquidati al dipendente per ferie e Par non goduti al momento della cessazione vanno a Tfr o no nel caso di un dipendente che versa al fondo Cometa e cessa di lavorare il 30 giugno 2016. Nel cedolino di liquidazione di Luglio gli verranno liquidate le ore di ferei e Par non godute? Su quel valore devo calcolare una quota di TFR da versare a Cometa o i miei versamenti si concluderanno a giugno? Grazie

Il quesito verte sul tema della retribuzione utile da prendere a base per la determinazione del Trattamento di Fine Rapporto. Il criterio legale applicabile è rinvenibile nell’art. 2120, comma 2, del codice civile. La norma prevede che la retribuzione annua da prendere in considerazione ai fini del TFR comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con l'esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Senza dubbio, sia le ferie che i permessi non goduti a cui si riferisce il lettore, in quanto indennità sostitutive del mancato godimento degli stessi, rispondono sia al requisito di essere “somme”, sia al requisito della “dipendenza del rapporto di lavoro” ossia che il diritto al loro pagamento trae origine dal rapporto di lavoro subordinato da cui si sono generati. Posto che costituiscono elementi di retribuzione rilevanti ai fini del TFR, è necessario verificare che non ricadano in una delle due fattispecie espressamente escluse dalla legge: non devono costituire “rimborsi spese”; non devono rientrare tra gli emolumenti meramente occasionali. È evidente che le indennità in esame non possono essere classificate nel primo tipo (non si tratta certamente di rimborsi erogati a fronte di spese anticipate dal lavoratore); sul carattere dell’occasionalità, invece, è opportuno approndire. Al riguardo, la non occasionalità, sulla base della quale si decide l'inclusione o meno di un elemento di retribuzione nel calcolo del TFR, è ravvisabile qualora un determinato emolumento: - dal punto di vista temporale, venga erogato continuativamente, abitualmente, o almeno ricorrentemente; - dal punto di vista causale, non sia collegato a necessità aziendali contingenti ed episodiche, bensì venga erogato per una ragione strutturalmente connessa all'attività espletata dal lavoratore. Essendo questi criteri di definizione a volte non facili da applicare, nel tempo la giurisprudenza ha cercato di fornire elementi di maggiore specificazione del perimetro entro il quale ricondurre l’imponibile al TFR. Secondo la Cassazione, il giudizio di non occasionalità va in primo luogo effettuato con riferimento a ciascun anno, anche se è possibile che la corresponsione di una somma ritenuta occasionale in un singolo anno possa invece rivelarsi non occasionale, se riferita ad un arco temporale maggiore. E ancora, la nozione di retribuzione accolta dal secondo comma dell'art. 2120 cod. civ. è rigorosa, in favore del lavoratore, in quanto prescinde dalla ripetitività regolare e continua e dalla frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, i quali vanno esclusi dal calcolo del TFR solo in quanto sporadici ed occasionali; prestazione occasionale, infatti, è solo quella collegata a ragioni aziendali del tutto eventuali, imprevedibili e fortuite, mentre, all'opposto, la prestazione espletata con frequenza, ma non necessariamente con periodicità assoluta, e che sia connessa alla particolare organizzazione del lavoro, rileva ai fini del calcolo suddetto (Sentenza 5 giugno 2000, n. 7488). Da ciò si evince, con maggiore cognizione di causa, che entrambe le indennità oggetto del quesito non possono rientrare tra gli emolumenti di natura occasionale, sia per fatto che non dipendono da eventi episodici (maturano tutti i mesi in dipendenza del rapporto di lavoro), sia per il fatto che la loro maturazione è strettamente connessa all’organizzazione del lavoro (programmazione delle ferie da parte del datore di lavoro). Ultimo aspetto da valutare, con riguardo alla sola indennità per ferie non godute, è quello della riconducibilità, o meno, ad una funzione risarcitoria, e dunque non retributiva, delle somme. Sul punto, la Cassazione ha chiarito, però, che quando la mancata fruizione delle ferie non sia imputabile al datore di lavoro, a causa della risoluzione del rapporto durante l'anno o anche a fine anno nel caso di ferie posticipate, non è possibile ravvisare alcun inadempimento di obblighi derivanti da legge o da contratto e quindi attribuire alcuna funzione risarcitoria alle somme corrisposte al lavoratore, le quali assumono così natura retributiva (Sentenza 8 giugno 2005, n. 11960). La previsione contenuta nell’art. 2120 c.c., infatti, è ispirata al criterio di onnicomprensività, nel senso che vanno considerate come retribuzione tutte le somme pagate per causa tipica e normale del rapporto di lavoro ed anche non correlate alla effettiva prestazione lavorativa, con esclusione di quelle dovute ad occasione accidentalmente connessa col rapporto. In definitiva, al quesito del lettore va risposto positivamente: le somme in questione concorrono alla base di riferimento del TFR; conseguentemente, rilevano ai fini dell’eventuale trasferimento dello stesso al fondo di previdenza complementare cui il lavoratore ha aderito. Resto inteso, che a tale regola generale possono derogare i contratti collettivi di lavoro, anche in senso meno favorevole per il lavoratore, indicando gli elementi della retribuzione da assumere come base di calcolo del TFR (art. 2120, co. 2, codice civile).

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