Rapporti di lavoro

Dimissioni online, da quando scatta il preavviso

di Paolo Rossi

Le dimissioni on line introdotte a partire dal 12 marzo 2016 dall'articolo 26 del decreto legislativo 151/2015, continuano a generare difficoltà applicative, anche dopo gli interventi correttivi da parte del Governo (articolo 5, decreti legislativo 24.9.2016, in GU n. 235 del 7.10.2016).

In verità, il Correttivo pubblicato ad ottobre non ha inciso sui caratteri e sul funzionamento del modulo delle dimissioni on line, limitandosi ad allargare la platea degli intermediari qualificati a dare assistenza al lavoratore (consulenti del lavoro e funzionari del nuovo Ispettorato nazionale del lavoro) ed escludendo espressamente dalla procedura i dipendenti pubblici.

Restano ancora immutate, pertanto, alcune questioni critiche più volte sollevate in questi mesi, tra le quali spicca quella della decorrenza del preavviso nel caso in cui il lavoratore, prima della compilazione del modulo, abbia già dato notizia al datore di lavoro della volontà di dimettersi. Questa dinamica è ormai una prassi nella maggior parte delle aziende, in ragione della difficoltà del lavoratore di districarsi tra gli accreditamenti telematici o anche delle difficoltà di trovare assistenza da parte degli intermediari nell'immediatezza della scelta. Ne deriva, che tra la scelta di dimettersi e il completamento della procedura on line, spesso trascorrono giorni preziosi che vanno ad erodere il periodo di preavviso di dimissioni, generando conflitti tra le parti in ordine al diritto del datore di lavoro di ritenere la relativa indennità per i giorni di mancato preavviso.

Sotto il profilo giuridico, la questione non può non tenere conto che l'atto delle dimissioni rappresenta un atto potestativo unilaterale del lavoratore, in grado di interferire nella sfera giuridica del datore di lavoro solo nel momento in cui questi ne viene posto a conoscenza (natura recettizia delle dimissioni).

Il preavviso è ontologicamente subordinato all'atto delle dimissioni, in forza della previsione dell'art. 2118 del codice civile che sancisce: “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.” In sostanza, il preavviso nasce dall'atto di recesso e pertanto non viene a configurarsi, cioè non decorre, se il lavoratore non manifesta “legalmente” al datore di lavoro la sua volontà di recedere dal rapporto di lavoro.
Dal 12 marzo 2016, eccezion fatta per le dimissioni protette della madre o del padre lavoratore, le dimissioni possono essere “fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro … e trasmessi al datore di lavoro …” con modalità individuate attraverso DM. Ogni diversa modalità di presentazione delle dimissioni è “inefficace” ossia non è in grado di produrre effetti giuridici.

La questione, dunque, si riduce all'opera di individuazione del preciso momento in cui le dimissioni produco effetti nei confronti del datore di lavoro, quale momento significativo anche per la decorrenza del preavviso. Sul punto, il DM 15 dicembre 2015 sancisce che il modulo delle dimissioni “è inoltrato alla casella di posta elettronica certificata del datore di lavoro”, in ragione dell'esigenza di mantenere ferma la finalità della norma di garantire la “non contraffazione e falsificazione della manifestazione di volontà di recedere o risolvere il rapporto di lavoro o di revocare tale volontà” da parte del lavoratore (co.3, art. 3, DM citato).
Ciò porta a concludere che solo dal giorno in cui è notificato a mezzo PEC il modulo telematico al datore di lavoro si può considerare efficacemente decorrente il preavviso, con il rischio che la complessità della procedura ritardi il completamento del preavviso contrattuale a danno del lavoratore; salvo che il datore di lavoro intenda liberamente abdicare il suo diritto di ritenzione dell'indennità di mancato preavviso.

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