Rapporti di lavoro

Per i lavori agricoli comunicazione voucher semplificata

di Alberto Bosco e Josef Tschöll

Anche per le attività da svolgere nei campi e tra i filari sono ammesse le prestazioni di lavoro accessorio: in questo settore, infatti, forse più che in altri, vi è la necessità di fare ricorso a manodopera “esterna” che non avrebbe senso impiegare per periodi prolungati di tempo.

Basti pensare ai raccolti o alla necessità di occupare contemporaneamente molte persone per la vendemmia delle uve da vino.

Il legislatore consente dunque il ricorso alle attività di lavoro accessorio, e quindi al sistema dei voucher – con i limiti economici (tetti netti) previsti per la generalità dei casi – anzitutto con riferimento alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni di età, se iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, o in qualunque periodo dell’anno, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università.

In relazione agli studenti, l’Inps ha precisato che i “periodi di vacanza”, sono i seguenti:

• “vacanze natalizie”: dal 1° dicembre al 10 gennaio;

• “vacanze pasquali“: dalla domenica delle Palme al martedì successivo il lunedì dell’Angelo;

• “vacanze estive” : dal 1° giugno al 30 settembre.

In generale, gli studenti possono essere impiegati il sabato e la domenica, mentre gli universitari con meno di 25 anni di età possono svolgere lavoro occasionale in ogni periodo dell'anno. In agricoltura, inoltre, il lavoro accessorio è ammesso con riguardo alle attività a favore dei soggetti ex articolo 34, comma 6, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 (si tratta dei produttori agricoli con volume d’affari non superiore a 7.000 euro), che non possono, tuttavia, essere svolte da coloro che l’anno precedente erano iscritti negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

Altra particolarità è quella contenuta nell’articolo 49, comma 2, del Dlgs 81/2015, il quale dispone che, fatte salve le prestazioni rese nel settore agricolo, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro e nel settore agricolo esso è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ma, anche in questo caso, la novità più rilevante è costituita dalla modifica introdotta con il decreto correttivo del Jobs act (Dlgs 185/2016), il quale, all’articolo 49, comma 3, dispone che i committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, tramite e-mail (per ora, non è stata attivata la comunicazione a mezzo sms), i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione (non l’ora di inizio e di fine), con riferimento a un arco temporale non superiore a tre giorni. Nella Faq n. 2 il Ministero ha ribadito che la comunicazione per i committenti agricoli è in parte diversa: può essere fatta con riferimento a un arco temporale fino a tre giorni e non occorre indicare gli orari di inizio e fine dell’attività.

Anche in agricoltura occorre anzitutto procedere alla registrazione del committente e del lavoratore all’Inps, e solo in seguito è possibile acquistare i voucher. In caso di mancato rispetto della procedura Inps e di omissione della comunicazione (almeno 60 minuti prima) si applica la maxi-sanzione per lavoro nero. Invece, se la procedura Inps è stata regolarmente eseguita ma manca la comunicazione all’Ispettorato del lavoro (o questa è fatta in ritardo), si applica la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

Infine, l’Inps (si veda in proposito la circolare 170/2015) ha precisato che il diritto di cumulo dell’indennità di disoccupazione agricola con il reddito da lavoro accessorio svolto nell’anno di riferimento della prestazione è possibile nel limite massimo annuo di 3.000 euro netti di compenso, rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat.

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