Rapporti di lavoro

Niente reperibilità per il medico fiscale per le malattie più gravi

di Alberto Bosco e Josef Tschöll

Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati, dipendenti dai datori di lavoro privati (per i dipendenti pubblici si veda il terzo caso nella infografica a fianco) , per i quali l’assenza è riconducibile a:
• patologie gravi che richiedono terapie salvavita, a condizione che risultino da idonea documentazione, rilasciata dalle strutture sanitarie competenti, che attesti la natura della patologia e la specifica terapia salvavita da effettuare;
• stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, a condizione che l’invalidità abbia determinato una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al 67 per cento.

A stabilirlo è il decreto ministeriale 11 gennaio 2016, entrato in vigore il 22 gennaio 2016 ed emanato sulla base dell’articolo 25 del Dlgs 14 settembre 2015, n. 151 (cosiddetto decreto semplificazioni), nell’ambito del Jobs Act: l’articolo citato aveva demandato, appunto, a un Dm il compito di stabilire le esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori subordinati dipendenti dai datori di lavoro privati. È poi intervenuto l’Inps che, con la circolare 7 giugno 2016, n. 95, ha fornito indicazioni operative, precisando anzitutto che le esenzioni riguardano solo chi ha un contratto di lavoro subordinato del settore privato, mentre sono esclusi gli iscritti alla Gestione separata Inps.

Dunque, in presenza di una delle due situazioni indicate, il medico che redige il certificato dovrà “selezionare” i campi del certificato telematico riferiti a “terapie salvavita”/”invalidità”.

Va anche detto che, secondo quanto precisato nella circolare, pur venendo meno in tali casi l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo posto a carico del lavoratore, rimane confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione, nonché sulla congruità prognostica ivi espressa. Per i datori di lavoro, mentre vige il divieto di chiedere visite di controllo per tali dipendenti, è consentito segnalare alla struttura Inps territorialmente competente, mediante il canale di Pec (posta elettronica certificata) istituzionale, possibili eventi riferiti a fattispecie per le quali i lavoratori risultino esentati dalla reperibilità, qualora si ravvisi la necessità di effettuare una verifica: spetterà all’Inps valutare, con il proprio centro medico legale, l’opportunità di esercitare l’azione di controllo, dandone notizia al datore di lavoro richiedente.

Venendo agli aspetti pratici, l’allegato 2 alla circolare 95/2016 contiene le linee guida per l’individuazione delle patologie che danno diritto all’esonero dall’obbligo di reperibilità. In tale ambito si precisa che si può parlare di terapia salvavita quando vi sia un “pericolo di vita” immediato e concreto, oppure procrastinato, ma altrettanto certo o fortemente probabile: sono terapie salvavita quelle praticate in rianimazione, ma anche quelle che, se non assunte, espongono certamente alla morte. A titolo di esempio, citando dalla lista compilata dall’Inps, è possibile riferirsi a emorragie severe/infarti d’organo, insufficienza renale acuta, gravi infezioni sistemiche (incluso l’Aids conclamato), neoplasie maligne, in trattamento chirurgico e neoadiuvante, chemioterapico antiblastico e/o sue complicanze, trattamento radioterapico, nonché malattie psichiatriche in fase di scompenso acuto e/o in Tso (trattamento sanitario obbligatorio).

Per quanto concerne l’invalidità con riduzione della capacità lavorativa superiore al 67 per cento, premesso che esistono molte tipologie di invalidità riconosciute da vari organi, e rimandando alla lettura dell’ampio elenco per maggiori approfondimenti, l’Inps ha precisato che lo stato morboso che può consentire l’esonero dalla reperibilità dev’essere connesso a una patologia in grado di determinare una menomazione di cospicuo rilievo funzionale, perché diversamente si introdurrebbe un discrimine elevato fra l’entità della grave patologia che contestualmente richiede terapia salvavita e l’entità di ben più lievi patologie, le quali, pur determinando un’invalidità percentualmente moderata, consentono la prosecuzione del lavoro e una buona sostenibilità socio-relazionale.

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