Rapporti di lavoro

Inidoneità alla donazione del sangue

di Alberto Bosco

In base a quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, è garantita la retribuzione dei donatori-lavoratori dipendenti, anche nel caso in cui, per contro, venga accertata l'inidoneità alla donazione del sangue. Sul punto va ricordato che la legge 13 luglio 1967, n. 584, dispone che i donatori di sangue ed emocomponenti (ad esempio, il plasma), che siano lavoratori dipendenti, hanno diritto di astenersi dal lavoro nel giorno della donazione, conservando la normale retribuzione (corrisposta direttamente dal datore, che può chiedere il rimborso all'Inps) per l'intera giornata, con accredito della contribuzione figurativa.

Come stabilito dal ministero della Salute, con decreto 18 novembre 2015 i casi di inidoneità alla donazione per i quali è garantita la retribuzione dei donatori-lavoratori dipendenti, per il solo tempo necessario all'accertamento dell'idoneità e relative procedure, sono i seguenti:
a) sospensione o esclusione per motivi sanitari, secondo i criteri di esclusione o sospensione dalla donazione previsti dalla normativa vigente;
b) mancata decorrenza dei tempi di sospensione tra due donazioni;
c) esigenza di non procedere al prelievo per specifico emocomponente e/o gruppo sanguigno, in base alla programmazione dei bisogni trasfusionali.

La non idoneità del donatore-dipendente è certificata dal medico, responsabile delle selezioni, del servizio trasfusionale o relativa articolazione organizzativa o dell'Unità di raccolta, gestita dalle Associazioni e Federazioni di donatori. Il dipendente, insieme all'istanza da inoltrare al proprio datore, allega la certificazione di inidoneità, per la garanzia della retribuzione.

A tale proposito l'Inps, con la circolare 7 febbraio 2017, n. 29, dopo aver ribadito che, nei casi previsti, ai datori privati spetta il rimborso delle retribuzioni corrisposte ai dipendenti non idonei, ha precisato che nel caso di giudizio di non idoneità alla donazione il dipendente ha diritto alla retribuzione che gli sarebbe stata erogata per le ore non lavorate comprese nell'intervallo di tempo necessario ad accertare l'inidoneità, con riguardo sia alla permanenza presso il centro trasfusionale, sia allo spostamento per rientrare presso la sede di servizio.

Perché l'Inps proceda al rimborso, il lavoratore deve inoltrare al datore, con la domanda, il certificato attestante i dati anagrafici e gli estremi del documento; la mancata donazione, la motivazione, il giorno e l'ora di entrata e uscita dal centro trasfusionale.

Nella circolare n. 29/2017, l'Inps ha poi precisato che, oltre a dover conservare i documenti per 10 anni, per la compilazione del flusso UniEmens va utilizzato il nuovo codice causale “S114” (“Indennità per assenza oraria riferita al tempo necessario all'accertamento di inidoneità alla donazione sangue”).

A parziale rettifica delle precedenti istruzioni, con il messaggio n. 825 del 24 febbraio 2017, l'Inps, ricordando che per la decorrenza dei nuovi adempimenti era indicata la competenza gennaio 2017, ha ora precisato che, «tenuto conto dei ridotti tempi tecnici a disposizione delle aziende per l'adeguamento delle procedure conferenti in UniEmens e con l'intento di non creare controlli diversificati in sede di accoglienza dei flussi», l'obbligatorietà è rinviata alla competenza marzo 2017.

Ne deriva che le aziende sono tenute alla compilazione dei nuovi elementi dal mese di competenza marzo 2017, ferma la necessità di adeguare anche le denunce pregresse a partire dalla competenza gennaio 2017.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©