Rapporti di lavoro

Pronte 12-15mila cattedre per i professori supplenti

di Claudio Tucci

Oltre 21mila cattedre che si libereranno a settembre con il turn-over (si scenderà a circa 20mila effettive, tra rinunce e decessi); a cui si potrebbero aggiungere altre 12-15mila trasformazioni di posti oggi funzionanti in “organico di fatto”, e quindi affidati a un supplente, in posti “di diritto”, da coprire cioè a tempo indeterminato.

Il condizionale è ancora d’obbligo: le trattative, tecniche e politiche, proseguite anche ieri, a Palazzo Chigi, tra la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e il collega dell’Economia, Pier Carlo Padoan, accompagnati dai rispettivi staff, stanno arrivando a un punto d’incontro. Un nuovo faccia a faccia è in calendario per l’inizio della prossima settimana: sulle immissioni in ruolo dei 20mila posti da pensionamento non ci sarebbero problemi; le ultime limature (e gli ultimi conti) riguardano invece i posti da convertire da “fatto” in “diritto”, con il Mef fermo a 12mila (tra cui i 2.200 per i licei musicali e i circa 2mila di sostegno), e il Miur che invece preme per arrivare ad almeno 15mila, abbassando la stima iniziale di 25mila cattedre (l’operazione è comunque coperta con 140 milioni di euro quest’anno, e 400 milioni a regime, stanziati con la precedente legge di Bilancio).

I posti realmente disponibili saranno destinati, quest’estate, ad assunzioni e trasferimenti, in base alle percentuali già concordate ad aprile con i sindacati: 60% delle cattedre andranno alle immissioni in ruolo, il restante 40% servirà per la mobilità, soprattutto interprovinciale, con l’obiettivo così di riavvicinare docenti stabilizzati lontano da casa con la riforma Renzi-Giannini.

Anche il prossimo settembre, le immissioni in ruolo avverranno al 50% attingendo dalle Graduatorie a esaurimento («Gae», dove sono inseriti ancora circa 5.900 precari delle medie e quasi 13mila delle superiori) e al restante 50% attraverso l’assunzione degli ultimi vincitori del concorso 2016.

Dal 2018, la musica cambierà, con l’arrivo delle nuove regole, contenute nel Dlgs atteso in Gazzetta Ufficiale la settimana prossima, su reclutamento e formazione iniziale nella scuola secondaria, vale a dire medie e superiori (a infanzia e primaria, l’attuale laurea riformata nel 2008, è già di per se titolo per accedere all’insegnamento).

Il prossimo anno – fermo restando il criterio fifty-fifty – debutterà infatti il nuovo meccanismo del «concorso-corso»: vinta la selezione si accederà direttamente a un percorso teorico-pratico, subito retribuito, di durata triennale (denominato «Fit», formazione iniziale e tirocinio). Sempre dal 2018, poi, partirà una fase transitoria per tutelare gli abilitati non «Gae», ma delle seconde fasce di istituto – principalmente i possessori di abilitazione Tfa e Pas, in tutto 62.500 persone con età media di 35 anni – e i supplenti di terza fascia (non abilitati) con almeno 36 mesi di servizio alle spalle (stimati dal Miur in circa 20mila).

Per entrambe queste categorie di docenti, arriveranno selezioni “agevolate”: per gli abilitati di seconda fascia (ed eventualmente «Gae», nelle classi di concorso residue) si svolgerà una procedura “una tantum” che prevede una sola prova orale seguita, quando si verificherà la disponibilità dei posti, da un anno di servizio in classe con valutazione finale (in pratica, entreranno al terzo anno del «Fit»). Per i docenti non abilitati con 36 mesi di servizio svolto (meno di 20mila unità), invece, il concorso “agevolato” partirà dal 2019: anche qui, tali selezioni seguiranno un percorso diverso rispetto a quello ordinario. Sono previsti, infatti, uno scritto e un orale (anziché i canonici due scritti più orale) e i vincitori saranno avviati a un percorso «Fit» che durerà due anni (in luogo di tre: nei fatti gli si abbona il primo anno).

Secondo le stime elaborate dal Miur le «Gae» si dovrebbero svuotare completamente nei prossimi 3-4 anni (al Nord probabilmente già dal prossimo settembre). E i giovani neolaureati che inaugureranno la nuova modalità concorso-corso «Fit»? Una prima percentuale (piuttosto ridotta, intorno al 10% dei posti liberi) entrerà in aula nell’anno scolastico 2021/2022. Per numeri più consistenti bisognerà attendere almeno il 2024/2026. La situazione resta problematica a infanzia e primaria: qui nelle «Gae» ci sono ancora 60mila maestri in lista d’attesa, comprese le 30mila immissioni ope legis decise dai giudici nei mesi scorsi di diplomati magistrali ante 2001/2002.

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