Rapporti di lavoro

Call center, un’ancora sociale per il settore

di Antonio Carlo Scacco

Limiti alla delocalizzazione, sterilizzazione della componente costo lavoro dalle offerte dei fornitori, impegno a favorire l'utilizzo delle cosiddette clausole sociali: sono tra i punti cardine del Protocollo firmato lo scorso 4 maggio che definisce le buone pratiche sociali e commerciali per gestire i servizi di contatto con la propria clientela. L'accordo coinvolge, per ora, tredici grandi aziende (per citarne qualcuna: Eni, Poste italiane, Vodafone) e, secondo le parole del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, «lancia un'ancora sociale in un settore delicato e importante». Che il settore dei call center fosse ormai in pluriennale crisi di redditività lo dimostra il margine operativo lordo, sceso di ben dieci punti percentuali nell'ultimo lustro. E tuttavia rimane immutato il rilevante aspetto sociale del comparto: 80mila tra dipendenti e collaboratori esterni impiegati, un turnover molto basso, elevata anzianità di servizio (l’età media è 35 anni) e incidenza del costo del lavoro molto alta rispetto al fatturato.

L'accordo, che avrà una durata di 18 mesi e sarà verificato annualmente, mira a limitare la delocalizzazione fuori dal nostro territorio, garantendo che ben il 95% delle attività effettuate in via diretta sia effettuato in Italia entro 6 mesi dalla firma del Protocollo e, per i nuovi contratti, almeno l'80% dei volumi in outsourcing sia effettuato sul territorio italiano (ovviamente chi si trova già oltre tale soglia non dovrà scendere per uniformarsi a tali limiti).

Sul fronte delle garanzie retributive molte le novità. I firmatari si impegnano a rifiutare le offerte dei fornitori nel caso in cui il costo lavoro orario sia inferiore al parametro di riferimento calcolato sulle relative tabelle del ministero del Lavoro (ex articolo 23, comma 16, del dlgs 50/2016), ovvero in base agli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ovvero ancora, mancando questi ultimi, sulla base dei contratti collettivi nazionali applicabili alle imprese di contact center stipulati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Più in generale sarà rilasciato alle imprese più virtuose una sorta di “bollino blu” a testimonianza del livello di buone pratiche raggiunto. Previsto, inoltre, l'obbligo di comunicazione della delocalizzazione del call center entro 30 giorni e un inasprimento delle sanzioni ( peraltro già consistentemente aumentate in numero ed importo nel corrente anno rispetto a quelle elevate nell'anno passato). Non è stato neppure trascurato l'aspetto qualitativo del servizio: a tale scopo si prevede la certificazione linguistica B2 per gli operatori impiegati fuori dal territorio nazionale, la individuazione di procedure che assicurino tempi di risposta definiti ed il rispetto delle fasce orarie individuate dalla normativa o dalle autoregolamentazioni vigenti.

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