Rapporti di lavoro

Ordini a caccia di funzioni

di Maria Carla De Cesari

Per gli Ordini un tris di misure di favore consegnato dal Parlamento. Si tratta di tre deleghe che spaziano dal riconoscimento della sussidiarietà al welfare e alla sicurezza, contenute nella legge 81/17 per la «tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale».

Le deleghe hanno ricompreso la platea degli Ordini in un provvedimento indirizzato, inizialmente, alle partite Iva, a prescindere dall’iscrizione a un Albo, e ai collaboratori.

Per la verità, la legge, che contiene anche un capitolo dedicato al lavoro subordinato «agile», prevede interventi puntiformi dedicati in generale ai «rapporti di lavoro autonomo», professionisti con e senza Albo, e alcune misure dedicate ai collaboratori e alle partite Iva iscritte alla Gestione separata Inps. Definire con precisione la platea di riferimento di ogni previsione della legge non sarà sempre agevole.

Le indicazioni
Per contro, gli Ordini hanno impegnato il Governo su tre “promesse”. C’è un anno di tempo per affidare alle professioni con Albo «atti pubblici» con l’obiettivo dichiarato di «semplificare l’attività» delle amministrazioni e di «ridurne i tempi di produzione» .

Sempre entro un anno gli enti di previdenza privata, le Casse disciplinate dai decreti legislativi 509/1994 e 103/1996, potranno essere abilitati a a mettere in campo “protezioni” per iscritti in difficoltà economica, per eventi non dipendenti dalla loro volontà o perché colpiti da gravi patologie. Tuttavia, le prestazioni dovranno essere finanziate dal sistema, senza aiuti pubblici.

Infine, è stata prevista una delega (entro un anno) per ridurre gli obblighi relativi alla salute e alla sicurezza negli studi professionali e per rimodulare le sanzioni, riducendo le misure per le violazioni formali.

La prima delega, quella sulle nuove funzioni, risponde a un’esigenza più volte manifestata dagli Ordini di veder riconosciuto il ruolo pubblicistico delle professioni protette e di ottenere l’assegnazione di nuove competenze che portino anch effetti economici per gli iscritti. In ogni caso, gli atti pubblici affidati alle professioni ordinistiche dovranno essere rispettosi della disciplina sulla privacy e si dovranno evitare le condizioni di conflitto di interesse. La “devoluzione” non potrà avere ricadute sulla finanza pubblica, quindi dovrà essere pagata da consumatori e aziende.

Il quadro complessivo
La legge 81/17 arriva in un momento in cui dai professionisti si levano voci per un ritorno alle tariffe minime, come strumento di garanzia contro la continua concorrenza al ribasso. Il movimento è partito dagli avvocati che hanno sollecitato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a stabilire l’«equo compenso» per le prestazioni. Il disegno di legge elaborato dal Guardasigilli, pronto da qualche mese, interviene a regolare i rapporti tra l’avvocato e il cliente “forte”, imprese e banche, nella convinzione - peraltro risalente - che un livello minimo garantito nel corrispettivo sia anche un presidio per la qualità della prestazione. Tuttavia, l’equo compenso - a cinque/sei anni dall’abolizione delle tariffe e dall’introduzione dei parametri per le decisioni dei giudici - sta diventanto una richiesta comune da parte degli Ordini.

Un altro fronte è, invece, aperto in Parlamento, ed è costituito dal disegno di legge sulla concorrenza, in discussione alle Commissioni VI e X della Camera (ieri è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti). Un cammino faticoso, quello del Ddl concorrenza 2015, che contiene la regolamentazioone delle società tra avvocati aperte anche a soci non professionisti (fino a un terzo del capitale e dei diritti di voto); nuove misure di liberalizzazione per i notai; la possibilità per le società di ingegneria di operare anche nel privato (con una sanatoria anche per il passato); l’obbligo per i professionisti di presentare al cliente il preventivo sui costi della prestazione.

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