Rapporti di lavoro

Niente Irap se l’organizzazione autonoma è minima

di Salvatore Servidio

L'imposta regionale sulle attività produttive, Irap, è dovuta esclusivamente nelle situazioni in cui si ravvisi l'esistenza di un'autonoma organizzazione, in assenza della quale il contribuente non deve considerarsi soggetto passivo dell'imposta.

Il tributo è stato istituito dal Dlgs 15 dicembre 1997, numero 446, a mente del quale (articolo 2) il presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi.

Relativamente al concetto di autonoma organizzazione, si assume che in relazione all'accezione “autonomamente organizzata” a cui fa riferimento l'articolo 2, il ministero delle Finanze, con circolare 4 giugno 1998, numero 141, ha precisato che «l'obiettivo che il legislatore ha inteso perseguire è quello di escludere dall'ambito di applicazione del tributo tutte quelle attività che, pur potendosi astrattamente ricondurre all'esercizio d'impresa, di arti o professioni, non sono tuttavia esercitate mediante un'organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato».

La Corte costituzionale, con la paradigmatica sentenza 21 maggio 2001, numero 156, ai fini dell'effettiva debenza del tributo da parte dei professionisti ha di fatto introdotto la necessità di verificare di volta in volta l'integrazione del requisito dell'autonoma organizzazione nello svolgimento dell'attività di lavoro autonomo. Nell'occasione, la Corte ha sostenuto che «mentre l'elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l'attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un'attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui».

A seguito della pronuncia della Consulta, la Corte di cassazione ha condiviso l'orientamento secondo cui l'autonoma organizzazione costituisce presupposto per l'assoggettamento a Irap degli esercenti arti e professioni (per tutte, sentenza 5 novembre 2004, numero 21203), orientamento poi avvallato ancheadall'Agenzia delle Entrate nella circolare 13 giugno 2008, numero 45/E.

Successivamente, sulla scorta dell'ulteriore principio che si è andato affermando, secondo cui non è la oggettiva natura dell'attività svolta ad essere alla base dell'imposta bensì il modo – autonoma organizzazione – con cui la stessa è svolta (Cassazione, sezioni unite, 26 maggio 2009, numeri 12108, 12109 e 12110), il filone interpretativo che aveva riguardato solo i professionisti ha finito per coinvolgere anche, dapprima, le figure dell'agente di commercio e del promotore finanziario e, poi, il piccolo imprenditore in genere (Cassazione 13 ottobre 2010, numeri 21122, 21123 e 21124; agenzia Entrate, circolare 28 maggio 2010, numero 28/E).

Sintetizzando i vari pronunciamenti che si sono succeduti nel tempo (tra le più recenti, Cassazione, sezioni unite, 10 maggio 2016, numero 9451; 30 ottobre 2015, numero 22209; 5 settembre 2017, numero 20797), la Suprema corte ha affermato che l'attività autonomamente organizzata sussiste tutte le volte in cui il contribuente che eserciti l'attività di lavoro autonomo:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che costituiscono il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione;
- si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Se i primi due aspetti possono considerarsi tutt'oggi invariati, lo stesso non può dirsi per l'ultimo, con riferimento al quale, sembra oramai consolidato dalla giurisprudenza di legittimità che l'impiego stabile di un solo collaboratore con mansioni esecutive non sia di per sé idoneo a configurare un'autonoma organizzazione.
Quanto esposto ha valenza anche per i piccoli imprenditori.

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