Rapporti di lavoro

Whistleblowers senza ritorsioni

di Giovanni Negri

Alla fine è legge il pacchetto di misure a tutela dei dipendenti che segnalano illeciti. Sia nel pubblico, sia nel privato. Tutele inedite per le imprese private e un passo in più rispetto a quanto già previsto dalla legge Severino per i pubblici dipendenti. La Camera ha approvato ieri definitivamente le norme sulla protezione dei whistleblowers, di chi cioè decide di rivolgersi alle autorità (magistratura, Anac o funzionari interni). Esulta Beppe Grillo sul blog «Abbiamo vinto!», mentre il presidente dell’Autorità anticorruzione, che avrà un ruolo centrale nell’applicazione della legge per quanto riguarda il settore pubblico, Raffaele Cantone, sottolinea che «chi segnala illeciti di cui è venuto a conoscenza sul luogo di lavoro non può essere lasciato solo, esposto al rischio di minacce, ritorsioni e perfino di perdere il posto, come a volte è tristemente accaduto. L’Autorità anticorruzione, alla quale la legge demanda gli accertamenti, si attrezzerà per far fronte a questo ulteriore compito».

Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, l’approvazione della legge «è un altro rilevante passo avanti del Parlamento nella lotta all’illegalità e in favore della trasparenza. Potranno essere d’ora in poi meglio garantiti coloro che, con grande senso civico, decidono di segnalare sui luoghi di lavoro comportamenti illeciti e casi di corruzione. È importante che il provvedimento abbia raccolto un larghissimo consenso tra le forze politiche, andando oltre le usuali contrapposizioni tra maggioranza e opposizione. Ed è molto positivo il fatto che la legge nasca anche dalle sollecitazioni di voci della società civile, da campagne di cittadinanza attiva che hanno trovato nelle Camere un ascolto attento».

Dal Governo Anna Finocchiaro, ministro per i rapporti con il Parlamento, mette in luce come le misure di protezione per chi segnala illeciti rappresentano un’ulteriore prova della volontà di proteggere chi sui luoghi di lavoro è promotore della legalità.

Ma in coro di consensi c’è anche qualche voce dissonante. Sia tra le forze politiche, sia all’interno della magistratura. Per Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, «la legge sul whistleblowing è una barbarie giuridica che legittima e incoraggia, negli ambienti di lavoro, un clima di costante e reciproco sospetto alimentato da accuse segrete e segretate. È una norma figlia del punto di incontro tra la cultura giustizialista del M5s e quella demagogico-censoria del Pd, a cui Forza Italia sarà sempre fermamente contraria».

Mentre Piercamillo Davigo bolla la legge con lo stigma dell’inutilità. «Fatta così non ha senso - spiega l’ex pm di Mani Pulite - perché se uno è obbligato a fare denuncia, e se non la fa commette un reato, non può mantenere l’anonimato, non è tecnicamente possibile». Infatti i dipendenti pubblici, «salvo gradi molto bassi, sono pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio e hanno l'obbligo di denuncia - ha chiarito - come si fa a mantenere l’anonimato? Quelli che copiano dall’estero non sanno che lì il sistema è diverso. Ad esempio in Gran Bretagna, dove questo istituto è nato, esistono i testi occulti la cui identità non viene rivelata agli imputati e ai difensori. Se facciamo una cosa così anche in Italia ha senso, altrimenti il provvedimento non ha senso».

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