Rapporti di lavoro

Una stretta per favorire gli incentivi all’esodo

di Giampiero Falasca

Raddoppia il ticket obbligatorio che devono pagare le imprese rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria che licenziano personale all’esito di una procedura collettiva.

Secondo la legge di Bilancio per il 2018, infatti, il contributo a carico dei datori che licenziano dipendenti al termine di una procedura di riduzione del personale avviata con le forme della legge 223/91 passa dal 41% del massimale Naspi (il trattamento di disoccupazione ordinaria) all’81% dello stesso importo.

In termini assoluti, utilizzando gli importi del 2017, questo significa che l’importo del contributo massimo dovuto cresce da 1.470 a 2.940 euro. Questa innovazione determina una doppia disciplina del contributo di licenziamento. Si applica la regola già esistente (con il tetto a 1.470 euro) per i licenziamenti fondati su giustificato motivo oggettivo aventi natura individuale.

Si applica, invece, il nuovo importo per i recessi aventi natura collettiva intimati da imprese rientranti in area Cigs; tale importo, peraltro, triplica (e può quindi arrivare fino a un valore massimo di poco inferiore ai 9 mila euro per ciascun lavoratore) se la procedura di riduzione del personale si conclude senza un accordo sindacale.

Nel complesso, la misura dovrebbe servire a spingere le imprese a costruire dei piani di incentivazione all’esodo, invece che procedere con il licenziamento unilaterale, ricalcando lo spirito che sorreggeva il vecchio, e ormai abrogato, contributo di ingresso. Se l’azienda raggiunge un accordo sindacale, infatti, ha un risparmio di circa 6mila euro per ciascun lavoratore, che può utilizzare per finanziare, in tutto o in parte, i piani in questione.

Resta invece confermata la quantificazione del contributo effettivamente dovuto in proporzione all’anzianità di servizio, con un valore per ciascun anno di storia lavorativa sino a un massimo di 36 mesi. Confermata anche l’obbligatorietà del contributo per tutti casi nei quali l’interruzione del rapporto di lavoro ha come conseguenza il diritto teorico alla Naspi, a prescindere quindi dall’effettiva fruizione del trattamento. Rimane ferma anche la regola che esclude dall’obbligo di pagamento del contributo alcuni casi specifici (risoluzioni consensuali, licenziamenti intimati per ragioni disciplinari). La legge di Bilancio, inoltre, esonera dall’aumento le procedure collettive avviate entro il 20 ottobre 2017.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©