Rapporti di lavoro

Appalti vigilati con la responsabilità solidale estesa

di Alessandro Rota Porta

Esternalizzare alcuni servizi dell’azienda in modo non regolare può comportare rischi anche sotto il profilo della responsabilità solidale. Si pensi all’assegnazione di incarichi a operatori che violano gli standard contrattuali. Il committente è infatti responsabile in solido con l’appaltatore per tutte le omissioni contributive e retributive accertate a carico dell’appaltatore stesso.

Lo stabilisce l’articolo 29 del Dlgs 276/2003, esteso recentemente dalla Corte costituzionale anche al contratto di subfornitura.

Nelle circolari 6 e 7 del 29 marzo 2018, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha richiamato l’attenzione degli ispettori sul tema delle esternalizzazioni irregolari, dell’appalto e della responsabilità solidale.

Ripercorriamo, dunque, quali sono le verifiche da fare per realizzare processi di appalto in modo genuino e conoscere le conseguenze che possono derivare da queste dinamiche.

Qualifica di imprenditore
Tra gli indici che possono fare emergere la non genuinità dell’appalto, c’è in primo luogo la mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore, desumibile dalla documentazione fiscale o di lavoro (tra gli altri i bilanci e i libri contabili, le fatture commerciali, il certificato della camera di commercio, la relazione sulla gestione o il rendiconto finanziario) ma anche dalla carenza di specializzazione o esperienza in quel determinato settore produttivo.

Potere direttivo
Un altro rilevante elemento di valutazione è l’assenza dell’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore nei confronti dei propri dipendenti, che non si deve arrestare alla sola gestione amministrativa del personale. In pratica, l’appaltatore deve essere in grado di organizzare e dirigere i lavoratori per realizzare quanto pattuito con il contratto di appalto.

Mezzi e attrezzature
Se poi l’appaltatore non fornisce i mezzi o le attrezzature per realizzare il risultato indicato dall’appalto, si potrebbe ipotizzare un appalto non genuino, soprattutto negli appalti “leggeri” (si pensi ai servizi di pulizia), sempre se è assente un potere di organizzare le proprie maestranze: in sostanza, l’appaltatore deve contribuire in maniera significativa al raggiungimento del risultato dedotto nel contratto che il committente non può altrimenti realizzare con la propria attività imprenditoriale.

Rischio d’impresa
L’articolo 29, comma 1, del decreto legislativo 276/2003 introduce anche il concetto di rischio di impresa, inteso come eventualità di non coprire tutti i costi dei materiali, delle attrezzature e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’opera o del servizio. Tuttavia, il rischio imprenditoriale deve essere esteso anche alla possibilità di non ricevere il corrispettivo pattuito per l’attività svolta e di dover comunque corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti, unitamente al pagamento della contribuzione previdenziale e assistenziale. In definitiva, si avrà un appalto illecito se l’appaltatore, in accordo con il committente, determinano il corrispettivo sulla base della retribuzione oraria dei lavoratori e dei contributi da versare.

Se i profili descritti non sono rispettati, il lavoratore coinvolto nell’appalto può chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione (committente imprenditore): questa conseguenza si verifica anche in sede ispettiva.

Sul piano sanzionatorio, lo pseudo-appalto è punito dall’articolo 18, comma 5-bis, del Dlgs 276/2003, con una sanzione pecuniaria pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di lavoro, che in ogni caso non può essere inferiore a 5mila euro né superiore a 50mila euro.

Anche in caso di appalto genuino, può scattare una responsabilità oggettiva, attraverso il regime della solidarietà prevista dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003: il committente imprenditore o datore di lavoro, infatti, è obbligato in solido con l’appaltatore, e con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.

Il coinvolgimento è invece escluso per quanto riguarda l’eventuale applicazione delle sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

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