Rapporti di lavoro

Sportivi senza ammortizzatori anche se sono dei dipendenti

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

Nonostante nel corso degli ultimi anni siano state sviluppate politiche di sostegno al reddito ispirate a logiche universalistiche ci sono ancora lavoratori dipendenti che non hanno diritto agli ammortizzatori sociali.

Le due principali riforme attuate - dapprima la “Fornero” (legge 92/2012) e, più recentemente, il Jobs act - hanno perseguito l'intento di estendere, a un numero sempre più ampio di lavoratori, gli istituti previsti per la tutela in costanza di lavoro e le misure di sostegno collegate alla perdita involontaria dell'occupazione. In questa direzione vanno, infatti, sia alcune modifiche alla normativa in materia di fondi di solidarietà, sia gli interventi attuati su taluni regimi previdenziali (per gli apprendisti ad esempio) per allargare la platea dei soggetti tutelati contro gli eventi di disoccupazione.

Permangono, tuttavia, ancora realtà in cui i lavoratori, pur essendo titolari di un rapporto di tipo subordinato, non hanno accesso agli ammortizzatori sociali. È il caso degli sportivi dipendenti di società professionistiche.

Si tratta di atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso nell'ambito delle discipline regolamentate dal Coni e che conseguono la relativa qualificazione dalle federazioni sportive nazionali come, per esempio, la federazione gioco calcio, la federazione pallacanestro, la federazione ciclistica, la federazione golf, quella pugilistica, e la motociclistica.
Per comprendere il perché questi soggetti sono tuttora privi di tutele, occorre analizzare alcuni aspetti normativi. È la legge 91/1981 a disciplinare il regime previdenziale degli sportivi professionisti che, in pratica, verte sul solo obbligo di iscrizione all'autonomo Fondo pensioni sportivi professionisti (Fpsp), precedentemente gestito dall'Enpals e, dopo la scomparsa dell'ente, confluito nell'Inps.

Nessuna altra assicurazione è prevista: né il trattamento economico di malattia e maternità (esclusione stabilita dell'articolo 1, comma 3, della legge 366/1973), né la tutela per il Fondo di garanzia Tfr (articolo 4, comma 7, della legge 91/1981) e neanche quella in materia di assegni familiari e di disoccupazione (in assenza di espresso richiamo legislativo). Su questo impianto sono quindi intervenute le due riforme che, tuttavia, non hanno mutato il quadro complessivo.

Vale la pena osservare che, sul finire del 2014, era stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge 2689 che provava a modificare il regime previdenziale degli sportivi professionisti intervenendo sulla normativa pensionistica e su quella connessa alle prestazioni di disoccupazione e Anf, che si volevano estendere. La proposta di legge, però, non ha avuto sviluppi. Sarebbe auspicabile che nell'agenda del prossimo esecutivo trovi spazio anche una modifica dell'impianto legislativo di riferimento, affinché possa completarsi quel processo di universalizzazione delle tutele, a favore del lavoro dipendente, sviluppatosi negli ultimi anni.

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