Rapporti di lavoro

Nell’accordo durata, recesso e «pause» di connessione

di Giampiero Falasca

Se uno studio professionale vuole sperimentare lo smart working per i propri dipendenti deve seguire la procedura prevista, in generale, per ogni datore di lavoro, curando quegli aspetti minimi qualificati come essenziali dalla legge 81/2017 .

Il primo punto che deve essere considerato riguarda la forma dell’accordo: la legge non richiede la stesura di accordo sindacale e quindi semplifica la via a soggetti, come gli studi professionali, dove raramente sono presenti rappresentanze sindacali. Basta firmare un accordo individuale con il dipendente per attivare il lavoro agile, curando di inviare la comunicazione preventiva obbligatoria al ministero del Lavoro.

L’accordo deve chiarire la durata della modalità di lavoro agile, precisando se è a tempo determinato oppure indeterminato. Accanto alla durata, deve essere disciplinata anche la procedura da seguire per il recesso dall’accordo, considerando che per legge è possibile recedere dagli accordi a tempo indeterminato con un preavviso di almeno 30 giorni (90 per i disabili) oppure quando c’è un giustificato motivo.

I luoghi di lavoro in remoto

Un punto essenziale dell’accordo riguarda, poi, la disciplina delle forme di svolgimento della prestazione lavorativa quando il dipendente non si trova all’interno dello studio.

Le parti devono essere molto chiare nel definire dove, come e quando il lavoratore può lavorare: si può decidere che egli abbia una libertà illimitata, così come si può delimitare l’ambito di svolgimento della prestazione solo a certi luoghi (ad esempio in abitazioni private, spazi di co-working eccetera).

Questo punto è molto importante perché in caso di infortunio del dipendente fuori dal luogo di lavoro, bisogna verificare che egli stesse effettivamente lavorando: tanto più sarà generica la definizione dell’accordo, maggiore sarà la difficoltà di capire se l’infortunio è avvenuto sul lavoro.

Le parti devono dedicare, inoltre, attenzione agli strumenti tecnologici usati per lo svolgimento della prestazione, e devono espressamente disciplinare il cosiddetto «diritto alla disconnessione»: è obbligatorio definire come e quando il lavoratore, durante il periodo di lavoro in modalità agile, ha il diritto di non essere collegato agli strumenti digitali forniti dal datore di lavoro.

Una volta firmato il contratto e inviate le comunicazioni obbligatorie, la fase preparatoria non è ancora conclusa: il datore di lavoro, infatti, deve consegnare al dipendente sia l’informativa privacy (per gli strumenti di controllo a distanza eventualmente assegnati) così come deve informare il dipendente sui rischi per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro derivanti dallo svolgimento della prestazione all’esterno dello studio. Adempimenti indispensabili che devono essere attuati non solo come obblighi documentali ma che richiedono un’analisi effettiva del contesto e dei rischi.

Parasubordinati e autonomi

Queste procedure non sono richieste qualora la modalità agile interessi non tanto i dipendenti dello studio quanto i collaboratori parasubordinati o autonomi (inclusi i professionisti che ne fanno parte). Per questi soggetti, lo smart working non si concretizza in una modifica giuridica del rapporto (che, essendo autonomo, per definizione si svolge senza specifici vincoli di luogo e di tempo della prestazione) quanto in una diversa cultura organizzativa: cercare di organizzare i ritmi di lavoro in modo da agevolare la conciliazione tra i tempi dello studio professionale e le esigenze personali. Una sfida molto più complessa di quanto possa apparire, in quanto la cultura del controllo è ancora molto forte nelle professioni.

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