Rapporti di lavoro

Anche per il Tribunale di Milano i food-rider sono lavoratori autonomi

di Ornella Girgenti

A distanza di tre mesi dalla sentenza del Tribunale di Torino nei confronti dei riders Foodora, che chiedevano il riconoscimento della subordinazione, ieri è toccato al Giudice del Lavoro di Milano, che ha deciso il ricorso proposto da un rider contro Glovo, altro colosso del food delivery, difeso dallo Studio Lettieri&Tanca di Milano.

Anche per il Tribunale lombardo non si tratta di lavoratori subordinati.

Le motivazioni non sono ancora state depositate, ma si tratta anche in questo caso di lavoro tramite piattaforma digitale, come tale privo del connotato essenziale per la configurabilità della subordinazione, vale a dire l'obbligo di rendere la prestazione.

Per le informazioni note a chi scrive, rispetto ai riders torinesi è diversa, invece, la tipologia contrattuale utilizzata dalla società resistente per inquadrare i fattorini. A differenza del caso Foodora, infatti, dove la fattispecie utilizzata è quella della collaborazione coordinata e continuata, per il caso Glovo si tratta di collaborazioni occasionali.

In ogni caso, quella oggetto dei due giudizi è una questione oggi ampiamente dibattuta rispetto alla quale il ministro del Lavoro Di Maio aveva predisposto uno dei primi atti del suo governo (la prima versione del cosiddetto Decreto dignità era tutta centrata su questa figura professionale, prevedendo l'inquadramento dei riders come lavoratori subordinati).

Alcune delle aziende del settore hanno risposto con la "Carta dei valori del food delivery" (presentata il 29 giugno 2018 al Festival del Lavoro) nel tentativo di convogliare tutti i competitors sul contratto di co.co.co. con pagamento orario anziché a consegna e assicurazione integrativa.

A questo punto, visto l'esito dell'incontro di lunedì 2 luglio presso il Ministero la parola passa alla contrattazione collettiva.

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