Rapporti di lavoro

Possibile compensare nel limite di 5 anni

di Enzo De Fusco

In questi 20 anni di contenzioso tra Inps e aziende per individuare il corretto regime fiscale e contributivo dei lavoratori abituali in trasferta, le aziende hanno assunto diversi comportamenti. Chi è stato più determinato ha affrontato un aspro contenzioso dagli esiti incerti e chi invece ha assunto una posizione più prudente.

Non c’è dubbio che dopo i primi rilievi ispettivi la maggior parte delle aziende che inviano perennemente in trasferta i lavoratori, abbia scelto una posizione più prudenziale, applicando il regime fiscale e previdenziale previsto dall’articolo 51, comma 6 del Tuir. La norma prevede che «le indennità di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità (...) concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare».

Ora però che il quadro giuridico si va delineando in modo più chiaro, queste stesse aziende, qualora ad esempio avessero corrisposto indennità di trasferta per i giorni effettivi di lavoro esterno, applicando il prelievo sul 50%, potrebbero immaginare di recuperare i contributi versati in eccedenza nei limiti prescrizionali di cinque anni.

D’altronde, la norma di interpretazione autentica contenuta nell’articolo 7-quinquies del Dl 193/2016, così come chiarito dalla Cassazione a sezioni unite nella sentenza 27093/2017, può avere un legittimo effetto retroattivo.

Si tratta quindi di capire se le aziende che sono state “prudenti”, oggi possano far valere con effetto retroattivo i requisiti stabiliti dalla norma.

Questo vuol dire che un eventuale recupero potrebbe scattare se:

• in passato sono state corrisposte indennità di trasferta per i giorni effettivi di lavoro

• nei contratti è stata indicata una specifica sede di lavoro.

Se dunque sono presenti i presupposti normativi fissati dall’articolo 7-quinquies, l’azienda potrebbe presentare, nei limiti della prescrizione, le denunce previdenziali Uniemens rettificative per far emergere il credito e, una volta autorizzato, portarlo in compensazione. È un lavoro molto rilevante, poiché dovranno essere trasmesse le denunce previdenziali per ciascuno dei 60 mesi non prescritti.

Prima di procedere in questo senso potrebbe essere molto utile attendere le istruzioni della direzione generale dell’Inps, sperando che chiariscano alle sedi le modalità per autorizzare la compensazione del recupero del credito.

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