Rapporti di lavoro

Pubblicata la direttiva sui distacchi intracomunitari

di Armando Montemarano


Il 9 luglio è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la direttiva 957/2018, approvata dal Parlamento europeo il 28 giugno 2018, che modifica la direttiva 96/71/CE in materia di distacco dei lavoratori nell'ambito della prestazione di servizi transnazionali all'interno dell'Unione.
Gli Stati membri avranno tempo fino al 30 luglio 2020 per adeguare la normativa nazionale alle modifiche apportate alla direttiva 71, che nel frattempo rimane applicabile nella precedente versione. Unica eccezione è quella del trasporto su strada: per quanto riguarda il distacco dei conducenti, la direttiva si applicherà a decorrere dalla data di applicazione dell'atto legislativo da adottare per modificare, a sua volta, la direttiva 2006/22 dedicata a questo settore.
Il fine che si propone la nuova norma è contemperare l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi, rimuovendo le restrizioni fondate sulla nazionalità o sulla residenza, con il contrasto degli abusi da parte di imprese che vogliano trarre indebito o fraudolento vantaggio da questa libertà.
La questione centrale attiene alla legittimità che ai distaccati possa essere corrisposta una retribuzione inferiore a quella minima prevista dalla contrattazione collettiva vigente nel luogo di esecuzione dei servizi. La direttiva ora modificata si è infatti prestata a consentire, in non pochi casi, con condotte talora al limite della legittimità quali distacchi a rotazione o società di comodo, che fossero corrisposte le retribuzioni basse fissate dai contratti applicati negli Stati di provenienza dalle imprese distaccanti ai lavoratori distaccati in Stati membri nei quali le retribuzioni minime sono più elevate. Il che non si è tradotto soltanto in una scarsa tutela dei lavoratori distaccati, ma anche nella concorrenza salariale praticata con l'impiego di costoro, ovviamente sgradita ai lavoratori autoctoni.
La direttiva 957 prevede che a tutti i lavoratori distaccati dovranno essere applicate le norme dello Stato ospitante in materia di retribuzione, nonché i contratti collettivi generali, territoriali o settoriali, indipendentemente da quale legge si applichi al rapporto di lavoro. Disposizioni analoghe sono dettate in materia di trattamenti normativi, con particolare riguardo ai ritmi di lavoro, alla sicurezza e alla normativa antidiscriminatoria. Specifica attenzione viene rivolta alle agenzia di somministrazione, sicché anche al lavoro interinale intracomunitario dovrà essere applicata la normativa garantista ora introdotta, rivolta a contenere quella scomposizione territoriale del sistema produttivo che si traduce in un dumping sociale che non ha neppure necessità della delocalizzazione delle imprese.
Si dovrà porre fine anche ai distacchi di lunga durata, restituendo questo istituto alla sua funzione di soddisfazione di un interesse temporaneo del distaccante: quando la durata effettiva del distacco superasse i dodici mesi, dovranno essere garantite al dipendente tutte le condizioni di lavoro e di occupazione applicabili, per norme o per contratti collettivi, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione, tranne quelle in materia di licenziamento e di previdenza integrativa di categoria.
La nuova direttiva, resa necessaria anche dall'allargamento dell'Unione a Stati con standard di protezione sociale più bassi e dalla prospettiva ben lontana dell'armonizzazione delle legislazioni del lavoro nazionali, dovrà assolvere, una volta recepita dagli Stati membri, alla funzione di evitare che la libertà del mercato possa incoraggiare forme di sfruttamento transnazionale del lavoro.

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