Rapporti di lavoro

Ritorna il voucher sui lavori domestici

di Claudio Tucci

Dopo il flop registrato dagli strumenti introdotti in fretta e furia dal governo Gentiloni per tamponare l’abrogazione dei voucher, vale a dire il contratto di prestazione occasionale e il libretto famiglia (ad aprile, quest’ultimo istituto era stato utilizzato da appena 6.113 soggetti), l’esecutivo Conte è tornato a parlare di “buoni lavoro”, aprendo a una possibile loro reintroduzione. Che, con ogni probabilità, potrebbe avvenire già in sede di conversione del decreto estivo (n.87/2018), che dopo due settimane dal l’ok in consiglio dei ministri è atteso oggi alla Camera.

Il tema è delicato, e potrebbe fornire una risposta, legale, ai bisogni di particolari tipologie di lavori, come per esempio le attività di cura domestiche - specie le sostituzioni o in caso di poche ore a settimana - che si confermano un settore dai numeri piuttosto elevati (si vedano gli altri servizi in pagina).

La riflessione

Ad aprire una riflessione sul ripristino dei voucher è stata, nei giorni scorsi, la Lega, che preme per offrire una soluzione alle imprese soprattutto in agricoltura e nel turismo. Nei giorni scorsi anche il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, capo politico del M5S, si è dichiarato disponibile a discuterne, fissando dei paletti ma allargando un po’ il raggio d’azione.

Di Maio ha infatti espressamente indicato, nelle sue dichiarazioni rese la scorsa settimana a palazzo Madama, quattro «categorie», vale a dire «baby sitter, agricolo-stagionale, giardinaggio, pulizie», su cui, in accordo con il Parlamento, e con determinate limitazioni per evitare abusi, i buoni lavoro potrebbero tornare. Oggi, del resto, per queste particolari tipologie di prestazioni occasionali, lo strumento negoziale più adatto è il contratto a chiamata, che ha, tuttavia, oneri e costi per aziende e famiglie (si pensi alla difficoltà di ricorre al consulente del lavoro ogni volta che si chiama per qualche ora una colf o una baby sitter).

La stretta anti eccessi - da quanto si apprende - dovrebbe concretizzarsi nel “rispolvero” della precedente disciplina sulla tracciabilità: e così, l’acquisto dei voucher potrebbe avvenire esclusivamente attraverso una piattaforma online - forse gestita da Inps - e per il loro utilizzo, poi, sarebbe necessaria una comunicazione preventiva per scongiurare il rischio di tenere il buono nel cassetto e utilizzarlo solo in caso di controllo degli ispettori.

Gli interventi nel tempo

Per i voucher, quindi, si aprirebbe la strada a un nuovo intervento normativo a 15 anni dal loro esordio. È stato Marco Biagi, nel 2003, a riportare nella legalità, in comparti dati, le prestazioni occasionali e saltuarie di casalinghe, studenti, pensionati, disabili e disoccupati di lunga durata, fino ad allora svolte in nero. Nell’agosto del 2008, con il governo Prodi, è partita una sperimentazione per le vendemmie di breve durata. Fino ad arrivare alla legge Fornero, nel 2012, che ha ampliato il campo d’applicazione dei “buoni lavoro”, estendendoli di fatto a tutti i settori produttivi. L’esecutivo Letta, l’anno successivo, ha ne completato la liberalizzazione, eliminando il riferimento alla natura meramente occasionale delle prestazioni di lavoro accessorio.

In questo quadro, è intervenuto infine il governo Gentiloni che ha abrogato tout court i voucher per evitare il referendum della Cgil. Ora l’esecutivo Conte vorrebbe reintrodurre i voucher evitando, però, le progressive estensioni degli ultimi anni. Quanto sarà “stretta” la nuova normativa, si vedrà adesso in Parlamento.

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