Rapporti di lavoro

Durante le ferie la retribuzione può cambiare

di Cristian Callegaro

Il mese di agosto coincide, spesso, con il periodo di chiusura aziendale e il contemporaneo godimento delle ferie da parte dei lavoratori dipendenti. In riferimento a tale ricorrenza, i datori di lavoro, i responsabili del personale e gli addetti agli uffici paghe devono porre attenzione, tra gli altri aspetti, alla durata delle ferie spettanti a ciascun dipendente e alla modalità di fruizione delle stesse.

La quantità di ferie spettanti trova anzitutto un limite minimo legale: occorre in ogni caso verificare quanto previsto dalla contrattazione collettiva al fine di individuarne puntualmente la quantità spettante annualmente al singolo lavoratore. La stessa indagine deve essere condotta al fine di determinare il trattamento economico cui ha diritto il dipendente a fronte dei periodi di ferie usufruiti: in generale compete al lavoratore la stessa retribuzione cui avrebbe avuto diritto se avesse lavorato, tuttavia la contrattazione collettiva potrebbe prevedere un trattamento economico difforme da tale concetto di retribuzione.

Il diritto alle ferie risponde alla finalità di garantire ai lavoratori subordinati un periodo di riposto durante il quale reintegrare le proprie energie psico-fisiche ed è valorizzato dalla stessa Costituzione italiana. L'articolo 36, comma 3, della Carta costituzionale fissa il principio di irrinunciabilità del diritto alle ferie annuali retribuite. L'articolo 2109 del codice civile stabilisce che il periodo di ferie deve essere possibilmente continuativo e usufruito nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenendo conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro e che la relativa durata è stabilita dalle leggi, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.

L'articolo 10, comma 1, del Dlgs 66/2003 stabilisce che – fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile – il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo deve in genere essere goduto per almeno due settimane – consecutive se la richiesta proviene dal lavoratore – nel corso dell'anno di maturazione, mentre per le restanti due settimane entro i 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. Sul punto occorre tenere conto sia della specifica disciplina prevista per particolari categorie di lavoratori sia di eventuali diverse previsioni contemplate dalla contrattazione collettiva.

La violazione delle predette disposizioni prevede che venga comminata una sanzione amministrativa, di importo variabile in relazione al numero dei lavoratori coinvolti e del numero di annualità in cui le disposizioni sono state violate. Le sanzioni non sono applicabili nell'ipotesi in cui non sia possibile rispettare il periodo minimo di due settimane di ferie - o quello diverso fissato dalla contrattazione collettiva – nell'anno di maturazione, per cause imputabili esclusivamente al lavoratore. Tra queste ultime, la nota del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali numero 4908/2006 individua, a titolo di esempio, le assenze per maternità, malattia, infortunio e servizio civile.

Altro aspetto rilevante è rappresentato dal divieto di monetizzazione delle ferie. In riferimento al periodo minimo di quattro settimane, vige infatti il divieto di retribuire eventuali periodi di ferie non fruiti, a eccezione del caso in cui intervenga la risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno; ne consegue che per i contratti a tempo determinato di durata inferiore all'anno è ammessa in ogni caso la monetizzazione delle ferie. È altresì ammessa la monetizzazione per i lavoratori italiani inviati all'estero, potendosi assimilare, codesta fattispecie, a una novazione contrattuale (interpello 15/2008 del ministero del Lavoro). In tale situazione, infatti, si può sovente verificare una complessiva rinegoziazione delle condizioni economiche e normative del rapporto di lavoro all'estero che determina una situazione assimilabile alla risoluzione del rapporto in quanto si viene a instaurare un regime contrattuale nuovo che sembra legittimare la sostituzione delle ferie con la relativa indennità.

In base alle disposizioni contenute nel Dlgs 66/2003 è quindi possibile distinguere, ai fini degli obblighi in capo alle parti, tre distinti periodi riferiti alle ferie:
- primo periodo di 2 settimane (nell'ambito del periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge) da fruirsi, su richiesta del lavoratore, in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione;
- secondo periodo di 2 settimane (nell'ambito del periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge), da fruirsi, anche in modo frazionato, entro diciotto mesi dal termine dell'anno di maturazione delle ferie, fatto salvi termini più ampi previsti dalla contrattazione collettiva. Qualora, invece, la contrattazione collettiva stabilisca un termine più rigido rispetto a quello di diciotto mesi, il superamento del limite fissato dal contratto collettivo potrà determinare una mera violazione contrattuale;
- terzo periodo, ulteriore rispetto al periodo minimo di 4 settimane, da fruirsi anche in modo frazionato entro il termine stabilito dall'autonomia privata (contrattazione collettiva, contrattazione individuale, usi aziendali).

In deroga a quanto stabilito dalla legge, la contrattazione collettiva può ridurre il limite delle prime due settimane per cui è obbligatorio il godimento delle ferie nell'anno di maturazione, purché tale riduzione non comprometta la funzione delle ferie e derivi da particolari esigenze aziendali. La stessa fonte normativa può altresì estendere il termine di diciotto mesi entro cui il dipendente potrà godere del secondo periodo di ferie, sempre che il rinvio della fruizione del periodo feriale non snaturi la funzione delle stesse (nota 4908/2006 del ministero del Lavoro).

Il periodo di fruizione delle ferie è stabilito dal datore di lavoro in modo non arbitrario, ma tenendo conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore. Alcuni contratti collettivi prevedono, tra l'altro, che la determinazione del periodo di ferie debba avvenire d'intesa con le Rsu, a pena di illegittimità. In ogni caso il datore di lavoro deve comunicare preventivamente al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.

Per esempio, per gli operai cui si applica il Ccnl abbigliamento e confezioni industria: «tre settimane (di ferie, ndr) saranno normalmente consecutive, mentre la quarta settimana verrà goduta in separato periodo. In caso di particolari esigenze organizzative e/o tecnico-produttive, l'azienda potrà programmare un periodo di ferie consecutive di due settimane. In tal caso, l'azienda dovrà procedere ad un esame congiunto con la Rsu del programma di ferie e delle modalità applicative entro il mese di aprile, prevedendo comunque la possibilità per ogni dipendente interessato di godere di un ulteriore periodo continuativo di ferie della durata di una settimana, da concordare anche individualmente nei mesi da giugno a settembre. La quarta settimana potrà essere goduta collettivamente in periodo da concordare tra direzione aziendale e Rsu o individualmente con accordo tra le parti interessate. L'epoca di godimento delle ferie continuative di cui ai commi 3 e 4 sarà in via normale stabilita, compatibilmente con le esigenze di lavoro, fra giugno e settembre, o contemporaneamente per l'intero stabilimento o per reparti o per scaglioni o individualmente, e comunicata con adeguato preavviso. L'epoca delle ferie verrà fissata dalla direzione previo esame, ai sensi del vigente accordo interconfederale, con la rappresentanza sindacale unitaria o il delegato di impresa. Nei casi di alto utilizzo delle capacità produttive, direzione e Rsu potranno concordare particolari modalità di scaglionamento delle ferie nell'arco dell'anno».

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