Rapporti di lavoro

Tracciabilità della retribuzione e lavoro nero, sì al cumulo delle sanzioni

di Luigi Caiazza e Roberto Caiazza

Il rapporto di lavoro "in nero" trascina con sé anche l'irregolare pagamento della retribuzione in contanti. Dunque, si fa sempre più oneroso occupare lavoratori non in regola.

La circostanza è stata precisata dall'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con la lettera 9284 del 9 novembre 2018 in risposta a un quesito reso riguardante l'esatta applicazione della procedura sanzionatoria prevista e punita dall'articolo 1, comma 913, della legge 27 dicembre 2017, numero 206 (finanziaria del 2018) in base alla quale è stabilito che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti (in ipotesi di lavoro a progetto o cooperative) debbono corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni altro anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento "tracciabili" individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti. La violazione al citato obbligo è punita con la sanzione amministrativa da mille a 5 mila euro.

La sanzione, secondo la nota dell'Inl, che si conforma alla precedente lettera circolare 5828 del 4 luglio 2018, è riferita alla totalità dei lavoratori in forza presso il singolo datore di lavoro, con la conseguenza che la sua applicazione prescinde dal numero dei lavoratori interessati alla violazione. Tuttavia, con riferimento alla consumazione dell'illecito, che dovrà essere provato, esso si configura ogniqualvolta venga corrisposta la retribuzione in violazione della norma, secondo la periodicità di erogazione, anche se, di norma essa avviene mensilmente.

Appare evidente che se il pagamento avviene settimanalmente, la sanzione in questione ne seguirà la sorte e se nel corso del mese vengono erogati acconti, con pagamenti in contanti, si ritiene che anch'essi debbano essere perseguiti per ciascuna erogazione, ma prescindendo dal numero dei lavoratori interessati.

Esaminando invece l'ipotesi sanzionatoria riferita alla direttamente alla occupazione di lavoratori in nero, punita con la maxisanzione, l'attuale disciplina è regolamentata dall'articolo 22 del Dlgs 151/20015 (Jobs act) con la quale è stato modificato l'intero sistema. Infatti la sanzione non si applica per singolo lavoratore, ma per fasce di lavoratori e periodi coinvolti. Nello stesso tempo (Min. Lav., circ. n. 26 del 12 ottobre 2015), è stata eliminata la previsione del trattamento più favorevole nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo a quello prestato in "nero", con la conseguente equiparazione di tale fattispecie alla condotta tipica.

In relazione a quanto sopra il regime sanzionatorio viene dunque così articolato:
a) da 1.500 a 9.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
b)da 3.000 a 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
c)da 6.000 a 36.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Gli importi delle sanzioni sono aumentati del 20% nel caso di impiego di lavoratori stranieri non in possesso di un valido permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa e in tal caso non troverà applicazione la procedura di diffida.
L’articolo 22 stabilisce che, in caso di irrogazione della maxisanzione, non trovano applicazione le sanzioni di cui all'articolo 19, commi 2 (lettera di assunzione) e 3 (variazione rapporto lavoro) del Dlgs 276/2003, nonché le sanzioni di cui all'articolo 39 del Dl 122/2008 (omesse registrazioni libro unnico lavoro).

Qualora venga accertato che il lavoratore "in nero" venga retribuito in contanti (come probabile), oltre alla maxisanzione come sopra calcolata, sarà altresì applicabile anche la sanzione per quest'ultima violazione, atteso che l'articolo 3 del Dlgs 151/2015, come è avvenuto per le altre ipotesi citate, non l'ha espressamente esclusa, né poteva evidentemente farlo in quanto trattasi di un obbligo disposto successivamente.

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