Rapporti di lavoro

Ferie: entro fine anno le prime 2 settimane del 2018

di Alberto Bosco

L'articolo 36 della Costituzione prevede, in capo al lavoratore, il diritto irrinunciabile alle ferie: con tale istituto si intende consentirgli di reintegrare le energie psico-fisiche e di dedicare del tempo alla cura dei propri legami affettivi e sociali.

Le ferie maturano – per tutti i lavoratori (inclusi quelli in prova, i collaboratori familiari ecc.) a prescindere dal fatto che si tratti di rapporto con un datore imprenditore o non imprenditore – in base a quanto previsto dal contratto collettivo applicato, e quindi, normalmente in tanti dodicesimi quanti sono i mesi di effettivo servizio: salvo diversa previsione, la frazione di mese pari o superiore a 15 giorni equivale a 1 mese intero.
Il potere di stabilire il periodo in cui è possibile assentarsi per ferie spetta al datore (art. 2109 cod. civ.), che però, oltre che delle esigenze dell'impresa, deve tener conto degli interessi del dipendente; egli deve quindi comunicare con opportuno anticipo al lavoratore il periodo nel quale potrà considerarsi in “vacanza”, ciò anche nel caso in cui decida la chiusura dell'azienda per ferie collettive. Per contro, il lavoratore non può decidere autonomamente di porsi in ferie, anche qualora abbia un residuo di giorni consistente: se lo fa l'assenza è senz'altro ingiustificata, e ciò apre all'applicazione delle sanzioni disciplinari.

L'approssimarsi della fine dell'anno rende opportuno ricordare che, ai sensi ex art. 10 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, il lavoratore - salvo disposizioni più favorevoli del contratto collettivo o individuale - ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, articolato come di seguito:
1) un primo periodo, di almeno 2 settimane (14 giorni) da fruire nell'anno di maturazione: questo, se così richiesto da parte del lavoratore, va goduto in maniera continuativa;
2) un secondo periodo, anch'esso di 2 settimane, che può essere fruito anche in modo frazionato; salvo particolari previsioni della contrattazione collettiva (che può allungare il termine), esso va fruito entro un periodo di 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione;
3) un terzo periodo, se il contratto di lavoro attribuisce al dipendente ulteriori giorni di ferie.

L'argomento è di stretta attualità perché, approssimandosi la fine dell'anno, ed essendo vietata la monetizzazione, ossia il pagamento dell'indennità sostitutiva, non sfugge che il primo periodo di 2 settimane va goduto entro il 31 dicembre dell'anno e il secondo, salvo diversa previsione del contratto collettivo, entro il 30 giugno del secondo anno successivo.

Quindi se per il secondo periodo c'è più tempo, è del tutto evidente che (a oggi) si stanno stringendo i termini per far godere ai dipendenti le prime 2 settimane dell'anno 2018.

Il datore può sottrarsi a tale obbligo in una serie limitata di ipotesi, e quindi erogare l'indennità sostitutiva, nelle seguenti fattispecie:
1) ove, in corso d'anno, avvenga la risoluzione del rapporto di lavoro;
2) per le giornate spettanti che eccedono le prime 4 settimane (sempre indennizzabili);
3) nel caso di contratti a tempo determinato di durata inferiore all'anno.

Il datore è esente da responsabilità, e quindi non soggiace alle sanzioni economiche di cui si dirà tra breve, se la fruizione delle ferie non è stata possibile (ad esempio) per malattia, infortunio o maternità: in queste ipotesi, il loro godimento è posticipato d'accordo tra le parti.

La mancata fruizione delle ferie spettanti, inoltre, comporta il fatto che il lavoratore possa comunque pretendere di goderle anche dopo i termini “massimi”, e che possa anche agire in giudizio per il risarcimento del danno da usura psicofisica, se dimostra tale circostanza.

L'ultimo aspetto da considerare è che al datore sono applicabili sanzioni economiche, non solo se tutto il periodo spettante non è stato regolarmente fruito ma anche se il godimento è in corso ma le prime 2 settimane non vengono interamente fruite entro il 31 dicembre dell'anno.

Ad ogni buon contro, il mancato godimento del periodo minimo legale delle ferie, ossia le 4 settimane entro il termine stabilito dalla legge o quello più ampio previsto dai contratti collettivi, così come la violazione del divieto di monetizzazione, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria articolata come segue:
a) sanzione base: da 100 a 600 euro;
b) violazione per più di 5 lavoratori (da 6) o verificata in almeno 2 anni: da 400 a 1.500 euro;
c) violazione riferita a più di 10 lavoratori (quindi almeno 11) o che si è verificata in almeno 4 anni: da 800 a 4.500, senza possibilità di applicazione della sanzione ridotta.

Da ultimo, per completezza, va ricordato che, ai sensi dell'art. 24 del D.Lgs. n. 151/2015, fermi i diritti di cui al D.Lgs. n. 66/2003, i lavoratori possono cedere gratuitamente riposi e ferie maturati ai dipendenti dallo stesso datore, per consentire loro di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro.

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