L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Restituzione acconto su futuri aumenti contrattuali

di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

La domanda

Una società aderente a Federdistribuzione, in attesa della sottoscrizione del futuro nuovo CCNL, dal novembre 2015 eroga unilateralmente ai propri dipendenti un acconto su futuri aumenti rinnovo ccnl (così espressamente nelle buste paga). Successivamente, decide di cedere un ramo d'azienda e all'atto della liquidazione delle competenze di fine rapporto dei dipendenti ceduti, trattiene, in unica soluzione, gli acconti versati negli anni sotto la voce "recupero acconti rinnovo ccnl". E' corretta tale condotta aziendale? In caso negativo quali sono le norme di riferimento che ne sanciscono l'illegittimità? Constano precedenti giurisprudenziali?

Occorre premettere che Federdistribuzione è un organismo di organizzazione e rappresentanza delle società che operano nel settore della distribuzione moderna organizzata e del commercio, alimentare e non, e tale federazione opera in forma autonoma, giacché non aderisce più a Confcommercio dall’anno 2011. Le società aderenti a Federdistribuzione applicano al proprio personale il CCNL del settore terziario, distribuzione e servizi, e non riconoscono al personale gli aumenti retributivi introdotti all’atto del rinnovo del suddetto contratto collettivo intervenuto nell’anno 2015, in quanto in tale epoca Federdistribuzione non aderiva più alla confederazione (Confcommercio) che ha sottoscritto il predetto rinnovo contrattuale. In luogo di tali aumenti contrattuali, le società aderenti a Federdistribuzione, in attesa che sia approvato un contratto collettivo nazionale di lavoro da parte di quest’ultima, dal mese di novembre 2015 erogano ai propri dipendenti somme a titolo di acconti su futuri aumenti contrattuali (c.d.”Afac”). A tale riguardo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (con nota prot. 31 / 0006411 del 9 agosto 2016), richiamando la nota emessa sull’argomento dall’INPS (n. 20325 del 2 maggio 2016), ha osservato che, in forza del principio di libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost., le imprese aderenti a Federdistribuzione non sono tenute ad applicare al proprio personale l’ultimo CCNL sottoscritto da Confcommercio nell’anno 2015. Tuttavia, con la predetta nota il Ministero ha altresì ricordato che, affinché le società possano godere dei benefici normativi e contribuivi previsti dalla normativa di riferimento, ai sensi dell’art. 1, comma 1175, della L. 296/2006, è necessario che le stesse applichino “la parte economica e normativa” dei contratti collettivi del settore di appartenenza, garantendo al personale condizioni economiche-normative “sostanzialmente conformi a quelle rinvenibili in altro CCNL vigente nel settore e sottoscritto da Associazioni sindacali comparativamente più rappresentative”: ciò, ha sottolineato il Ministero nella citata nota, anche allo scopo di evitare ipotesi di dumping sociale qualora si applichino condizioni economiche e normative difformi da quelle previste dai suddetti contratti collettivi di lavoro, ragione che ha probabilmente giustifica il pagamento dei predetti acconti sui futuri aumenti contrattuali da parte delle società aderenti a Federdistribuzione. Tanto premesso, poiché nel caso in esame la società aderente a Federdistribuzione ha ceduto un ramo aziendale in favore di un soggetto terzo, occorre rammentare che tale fattispecie è disciplinata sotto il profilo giuslavoristico dall’art. 2112 c.c., a norma del quale i rapporti di lavoro del personale appartenente al ramo aziendale proseguono alle dipendenze della società cessionaria, senza soluzione di continuità e con mantenimento dei trattamenti economici e normativi applicati, anche in relazione alla contrattazione collettiva di lavoro, sempre che quest’ultima non sia sostituita da una diversa contrattazione collettiva applicata dalla cessionaria ai sensi dell’art. 2112 c.c.. Inoltre, in forza del principio di irriducibilità della retribuzione di cui all’art. 2103 c.c. e come sancito dalla giurisprudenza (ex multis, Cass. Civ. del 9.11.2017 n. 26601), le somme erogate continuativamente a titolo retributivo - ivi compresi gli acconti sui futuri aumenti contrattuali, che hanno natura retributiva - entrano a far parte del patrimonio dei dipendenti che le hanno percepite. Pertanto, i predetti acconti non sono revocabili unilateralmente dal datore di lavoro, né potranno essere trattenuti ad alcun titolo a seguito della loro erogazione, neppure nell’ambito di un’operazione di trasferimento di ramo d’azienda. In ragione dei principi sopra esposti, non risulta corretto l’operato della società che abbia trattenuto tali acconti all’atto del trasferimento del personale alla società cessionaria Inoltre, non è dato comprendere a quale titolo al personale ceduto siano state liquidate le competenze di fine rapporto, dato che all’atto del predetto trasferimento di ramo aziendale i rapporti di lavoro del personale appartenente a tale ramo proseguono senza soluzione di continuità ex art. 2112 c.c., e non cessano, non potendo quindi dar luogo al pagamento di competenze di fine rapporto. In ogni caso, qualora la predetta liquidazione delle competenze di fine rapporto sia stata giustificata dall’intervenuta risoluzione dei rapporti di lavoro per altre ragioni sopravvenute al momento della cessione del ramo aziendale, anche in tale ipotesi non risulta legittima la trattenuta dei suddetti acconti da parte del datore di lavoro, e ciò per le ragioni sopra esposte.

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