Rapporti di lavoro

Come fruire del congedo di maternità obbligatorio nei 5 mesi dopo il parto

di Alberto Bosco

L'art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 - Testo unico maternità e paternità), vieta di adibire al lavoro le donne:
a) durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'art. 20;
b) se il parto avviene oltre tale data, per il periodo tra data presunta ed effettiva del parto;
c) durante i 3 mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20;
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta: tali giorni si aggiungono al congedo di maternità dopo il parto, anche ove la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di 5 mesi.
In alternativa a quanto sopra, è riconosciuta la facoltà di astenersi dal lavoro solo dopo il parto nei 5 mesi successivi allo stesso, purché il medico specialista del SSN o convenzionato e il medico competente per la prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (tale previsione è stata inserita dall'art. 1, co. 485, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dal 1° gennaio 2019).

Inoltre, ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 16 in esame, nel caso di:
a) interruzione della gravidanza dopo il 180° giorno dall'inizio della gestazione;
b) decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità;
le lavoratrici possono riprendere in qualunque momento l'attività, con un preavviso di 10 giorni al datore, purché il medico specialista del SSN o con esso convenzionato e il medico competente attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

Infine, l'art. 20 del D.Lgs. n. 151/2001 (Flessibilità del congedo di maternità) dispone che, ferma la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici possono astenersi dal lavoro dal mese precedente la data presunta del parto e nei 4 mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del SSN o con esso convenzionato e il medico competente attestino che tale opzione non nuoce alla salute della gestante e del nascituro.

Quanto alla facoltà della lavoratrice di astenersi dal lavoro solo dopo l'evento del parto, e nei 5 mesi successivi allo stesso, introdotta dalla legge di bilancio 2019, l'Inps ha recentemente dettato le prime indicazioni operative: fino all'emanazione dell'apposita circolare e all'aggiornamento dell'applicazione "Gestione Maternità", per salvaguardare i diritti delle madri che intendono astenersi solo dopo il parto, l'Istituto ha precisato che si può esercitare l'opzione presentando domanda telematica di maternità, spuntando la specifica opzione.

La domanda va presentata prima dei 2 mesi precedenti la data prevista del parto e non oltre 1 anno dalla fine del periodo indennizzabile (pena la prescrizione del diritto all'indennità), in via telematica, sul sito Inps (con PIN dispositivo), tramite patronato o contact center.

I documenti sanitari necessari per fruire del congedo solo dopo il parto vanno consegnati alla Sede competente, in originale e in busta chiusa con la dicitura "contiene dati sensibili": esse non transiteranno in procedura "Gestione Maternità" fino all'emanazione della circolare.

L'applicazione "Domande di Maternità online", disponibile sulla Intranet (area "Prestazioni a sostegno del reddito"), è stata integrata per consentire agli operatori Inps di visualizzare le domande telematiche per i congedi di maternità con richiesta di fruizione solo dopo il parto.

In sostanza, in attesa della circolare operativa: il modello è disponibile, la domanda va presentata almeno 2 mesi prima della data presunta del parto e la lavoratrice deve produrre le certificazioni mediche. Infine, come evidenziato su Il Sole 24 Ore del 10 maggio scorso, per il momento, il datore, per evitare sanzioni penali per violazione dell'obbligo di astensione, deve accertarsi che la domanda sia stata presentata prima della fine del 7° mese di gravidanza e verificare la completezza dei certificati medici, anch'essi rilasciati entro il 7° mese.

Per completezza si segnala che, a parere della Cassazione (v. sentenza 27 aprile 2018, n. 10283, e sentenza 30 aprile 2013, n. 10180) quanto al congedo cd. flessibile, ove la lavoratrice abbia continuato a prestare servizio nell'ottavo mese di gravidanza, il datore di lavoro – oltre a subire le sanzioni previste dall'art. 18 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, ove non gli sia stata preventivamente presentata la certificazione medica di assenza di rischio, di cui all'art. 20 del medesimo decreto – deve corrispondere in ogni caso alla lavoratrice la relativa retribuzione e l'Inps non è tenuto a erogare l'indennità di maternità per tale mese, fermo che tale indennità è dovuta per il periodo di astensione di 5 mesi, e quindi fino al 4° mese successivo al parto, restando escluso che dalla mancata presentazione da parte della lavoratrice di tali certificazioni possa derivare, quale sanzione, la riduzione del periodo di fruizione dell'indennità di maternità rispetto a quello, non disponibile, previsto dalla legge.

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